Rassegna Stampa Mailing List Histria
Sommario N° 792 – 10 Settembre 2011
584 – La Voce del Popolo 07/09/11 Asilo di Zara: il sogno a portata di mano, firmato il contratto per il versamento della prima rata per l'acquisto della sede (ir)
585 - Il Piccolo 04/09/11 Napolitano e Josipovic: la storia non divide più (Silvio Maranzana)
586 – CDM Arcipelago Adriatico 05/09/11 Pola: una giornata straordinaria con i due Presidenti (Rosanna Turcinovich Giuricin)
587 - La Voce del Popolo 05/09/11 Italia-Croazia: «Far prevalere il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso» (Carla Rotta)
588 - Osservatorio Balcani 07/09/11 Italia - Croazia, tempo di riconciliazione (Stefano Lusa)
589 – Corriere della Sera 05/09/11 Dopo il viaggio di Napolitano in Croazia, il coraggio di chiedersi perdono. (Marzio Breda)
590 - La Voce del Popolo 05/09/11 L’Intervento - A Pola la nostra storia riconosciuta (Kristjan Knez)
591 - Il Piccolo 05/09/11 Pola, l'abbraccio di Napolitano ai "rimasti", l’incontro del Presidente con la comunità italiana. Tremul: guardare al futuro. Delbello: rispettare il bilinguismo (Ivana Gherbaz)
592 - La Voce del Popolo 05/09/11 Toth (Anvgd) : Cosa ci aspettiamo dopo Pola
593 - Secolo d'Italia 08/09/11 Italia e Croazia, qua la mano: un primo passo è stato fatto, Basovizza può diventare il simbolo di una riconciliazione? È l'auspicio (Guido Cace)
594 - Slobodna Dalmacija 07/09/11 Gli esuli non sono più interdetti, dietro le quinte: dopo l’incontro dei Presidenti Croato ed Italiano.- Esuli više nisu zabranjeni (Senol Selimovic)
595 - Il Piccolo 07/09/11 Radin: «Esodo e foibe mai riconosciuti dalla Croazia» (Mauro Manzin)
596 - Il Piccolo 08/09/11 Tremul: su esodo e foibe a Pola serviva più coraggio. (Mauro Manzin)
597 - Il Piccolo 05/09/11 Incontro di Pola - Ma la stampa di Zagabria critica il Colle (p.r.)
598 - Il Gazzettino 09/09/11 Sacile (PN) Tessera del tifoso negata per un anno "Colpa" della nascita in terra istriana (Dario Perosa)
A cura di Stefano Bombardieri
Rassegna Stampa della ML Histria anche in internet ai seguenti siti :
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http://www.arenadipola.it/
584 – La Voce del Popolo 07/09/11 Asilo di Zara: il sogno a portata di mano, firmato il contratto per il versamento della prima rata per l'acquisto della sede
Firmato il contratto per il versamento della prima rata per l'acquisto della sede
Asilo di Zara: il sogno a portata di mano
Un villino di due piani, di circa 300 metri quadrati, con tanto di giardino. E anche se non si trova proprio nel centro della città, è la sede più adeguata, quella che la Comunità di Zara stava cercando da tempo, e che ospiterà in futuro i bambini dell’asilo italiano. Dopo anni di sforzi, in cui il traguardo era apparso vicino più volte ma poi si era visto improvvisamente svanire, il sogno sta dunque per avverrarsi.
Come annunciato lunedì sera ad Abbazia dal presidente della Giunta esecutiva dell’Ui, Maurizio Tremul – impegnatissimo nella gestione e attuazione del progetto –, è stato firmato il contratto per il versamento della prima rata, pari a 60mila euro, per l’acquisto della sede dell’istituzione prescolare. È un passo fondamentale nella realizzazione di un progetto del valore complessivo di quasi 400mila euro – tra costo dell’edificio, ristrutturazione degli spazi, arredi e spese varie per l’avvio dell’attività, come ci spiega Rina Villani, presidente della CI –, che inizia a concretizzarsi a oltre 65 anni dalla brusca chiusura delle istituzioni prescolastiche e scolastiche italiane, e lo fa in un momento particolarmente significativo per la Comunità degli Italiani zaratina: il ventennale della sua fondazione.
Sarà festa grande, il prossimo 23 settembre, tra i connazionali della città del maraschino, quando festeggeranno il 20.esimo anniversario della propria associazione. In fin dei conti, quello dell’asilo è un obiettivo che perseguono da sempre. L’iniziativa fu lanciata pubblicamente più di tre lustri fa dall’allora presidente, Silvio Duiella (il terzo nell’ordine, dopo Bruno Duca e Libero Grubissic), che, ottenuta una sede rappresentativa per la CI in via Borelli, avviò una battaglia civile e culturale per l’apertura di un asilo italiano, fiducioso che anche questa sarebbe andata presto in porto, come ci dichiarò all’epoca (eravano agli sgoccioli del 1994). I problemi non mancavano, a partire dalla faccenda dello status, visto che la Città di Zara voleva che ne fosse fondatore l’Unione italiana, mentre l’amministrazione cittadina si sarebbe accollata le spese per le paghe del personale (rimaneva da definire la copertura delle spese materiali, di gestione). Un’ipotesi che, in quella circostanza, sollevò perplessità e timori, anche perché avrebbe comportato una svolta nella politica scolastica, ossia prescolare dell’Ui.
"Si chiamerà ‘Pinocchio’, scritto all’italiana – dichiara visibilmente emozionata la presidente della CI, da anni in prima linea sulla questione asilo –. Finalmente dopo tanti cavilli e tira e molla siamo in dirittura d’arrivo. Qui siamo tutti entusiasti, assolutamente euforici. Ora potrò dare una risposta alla ‘mia piccola famiglia’, come considero i soci della CI, i tanti nonni che mi venivano a chiedere quando si sarebbe aperto l’asilo. Nel frattempo alcuni dei loro nipoti sono già arrivati al liceo. È stata individuata la strada per giungere a una soluzione. È soddisfatta pure la Città di Zara, che ha sempre appoggiato l’iniziativa", ci tiene a precisare Villani.
La CI organizza tradizionalmente corsi di italiano per i ragazzini, una quindicina, dai 6 ai 14 anni presso la propria sede, ma anche nelle elementari di Zara come materia opzionale (un’ottantina gli allievi), nonché in due asili pubblici della città. Alle pre-iscrizioni per l’asilo italiano si sono notificati 19 bambini, ma l’istituzione non potrà aprire i battenti prima del prossimo anno pedagogico, anche se la presidente confida di poter comunque svolgere anche prima una qualche forma di attività con i piccoli interessati al programma. Infatti, provveduto all’individuazione della sede – che si voleva dotata di un bel giardino –, sarà necessario portare a termine una serie di interventi di ristrutturazione, soprattutto dei servizi igienico-sanitari e della cucina, oltre che costituire formalmente l’asilo. Anche se ci sarà ancora da attendere per giungere al traguardo, il sogno appare ora a portata di mano. (ir)
585 - Il Piccolo 04/09/11 Napolitano e Josipovic: la storia non divide più
Napolitano e Josipovic: la storia non divide più
In 6mila al concerto insieme ai Capi di Stato per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia e due decenni dall’Indipendenza della Croazia Dichiarazione congiunta Ci perdoniamo reciprocamente il male che ci siamo fatti" hanno detto insieme i due Presidenti dopo gli inni nazionali Niente visita a Brioni Saltata la tappa sull’arcipelago a causa di un lieve infortunio alla caviglia. La moglie Clio: ha rischiato di rompersi un braccio
dall’inviato Silvio Maranzana
POLA «Ci perdoniamo reciprocamente il male che ci siamo fatti». Lo hanno affermato ieri sera nell’Arena di Pola gremita da seimila persone il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano e quello della Repubblica croata Ivo Josipovic nella dichiarazione congiunta letta dopo l’esecuzione dei rispettivi inni nazionali. Una standing ovation, accompagnata anche dallo sventolìo di alcuni tricolori, ha salutato l’ingresso nell’anfiteatro che è il simbolo della civiltà latina in Istria, in particolare del Capo dello Stato italiano. «La pagina è voltata», aveva affermato Napolitano nel discorso ancora più incisivo tenuto nel pomeriggio nella bella sede della Comunità italiana di Pola che conta ben 4.800 soci, «c’è voluto del tempo, oltre 65 anni perché non è facile rimarginare le ferite della storia. Quest’anno noi celebriamo i 150 anni dell’unità d’Italia, voi i 20 della Croazia. Ve ne auguriamo altri 130 ancor più felici dei nostri». Una giornata lunga, ma tutta concentrata al pomeriggio e alla sera poiché una caduta accidentale dello stesso Napolitano ha provocato uno slittamento del programma. Il presidente è giunto in Istria solo nel pomeriggio («Ha rischiato anche di rompersi un braccio», ha confidato la moglie Clio) ed è apparso leggermente zoppicante, anche se comunque in buona forma. E’ però saltata la visita a Brioni, così come il lancio di mare di una corona a ricordo delle oltre ottanta vittime della strage di Vergarolla del 1946. «Come già visto a Trieste un anno fa - hanno affermato all’Arena Napolitano e Josipovic ognuno nella propria lingua - prevale ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci ha diviso. Italia e Croazia abbracciano valori comuni di libertà, uguaglianza, libera impresa, cooperazione e solidarietà tra i popoli. Sono oggi Paesi liberi da ideologie che intendono costruire un futuro di pace stabile e prospero. Vanno però ricordati anche i lati oscuri con gli errori, le ingiustizie e le tragedie di quel secolo orribilis che è stato il Novecento. Le vittime del fascismo italiano che ha invaso la Jugoslavia e perseguitato le minoranze, così come le vittime italiane della folle vendetta perpetrata dalle autorità jugoslave. Ci inchiniamo dinanzi a tutte quelle vittime, nel perdonarci reciprocamente il male commesso».
«Stiamo trasformando una storia molto pesante – aveva affermato in precedenza Josipovic – in una convivenza di grande rispetto. L’antifascismo ha fatto cose basilari per lo Stato croato e per la multiculturalità, ma vogliamo di più. A casa mia le parole italiane che compaiono nel dialetto dalmata non sono mai state sentite come straniere. E’ la conferma che c’è sempre stata un’osmosi forte tra i due popoli. Senza gli italiani, la Croazia non sarebbe giunta al punto avanzato in cui è oggi». Le parole di Lucio Toth, vicepresidente della Federazione degli esuli secondo cui «per quanto riguarda la questione dei beni, il trattato di Osimo va superato e la Croazia non può nascondersi dietro questi formalismi» e il fatto che l’Unione degli istriani con il suo presidente Massimiliano Lacota abbia avuto un incontro separato dopo il quale ha fatto ritorno a casa senza nemmeno voler assistere al concerto, dimostra che non tutti i problemi sono superati. Già il fatto che i due Capi di stato abbiano incontrato assieme gli esuli per sentire le loro questioni costituisce però una novità rilevante. A testimonianza anche di un passato comune di queste terre il particolare che gli incontri con i profughi si siano svolti all’ex Circolo ufficiali della Marina austroungarica che trasferì il proprio Comando da Vienna a Pola nel 1913. I ritratti che troneggiano sono quelli di Massimiliano d’Austria, comandante della marina austriaca dal 1854 al 1864 e di Goffredo de Banfield, eroe dell’aviazione austriaca conosciuto come l’Aquila di Trieste. «L’Istria è oggi una terra felice – ha affermato il presidente della Regione istriana Ivan Jakovcic all’Arena prima di lasciar spazio al Coro delle comunità italiane e all’Orchestra sinfonica della Radiotelevisione di Zagabria – viva l’Istria, viva l’Italia».
586 – CDM Arcipelago Adriatico 05/09/11 Pola: una giornata straordinaria con i due Presidenti
Pola: una giornata straordinaria con i due Presidenti
Concetti ribaditi all’infinito, come "ruolo di ponte delle minoranze", nel momento in cui si realizzano perdono il proprio significato per andare oltre. E’ successo a Pola con il Concerto dell’Amicizia tra Italia e Croazia, nel 150.esimo dell’Unità italiana, nel 20.esimo dalla raggiunta statalità croata e nel 20.esimo della nuova Unione Italiana. Sui decenni accumulati hanno gravato, soprattutto nel Secolo breve, divisioni insuperabili che il tempo ha stemperato e l’intelligenza delle persone di buona volontà sta cercando di trasformare attraverso un rapporto di civile e matura condivisione.
"Abbiamo trovato la via per superare le incomprensioni e le difficoltà del passato. Non ci sono più fra noi problemi che non possano essere superati. Ci stiamo lavorando a Roma e a Zagabria'', ha affermato il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, durante l'incontro pubblico con la comunità italiana di Pola, al quale è intervenuto e ha portato il saluto anche il presidente croato Ivo Josipovic, che ha espresso analoghe considerazioni e la stessa soddisfazione.
L’arrivo di Napolitano nel pomeriggio alla Casa dei Difensori croati, ex Casinò di Pola di fronte al Teatro Ciscutti. Ad attenderlo sotto al colonnato il Presidente Josipovic ed uno stuolo di giornalisti e fotoreporter piazzati per tempo in attesa dell’evento. La stretta di mano tra i due Capi di Stato rivela il rispetto e l’amicizia tra due persone che "si sono capite al primo incontro" come dirà nel suo discorso Napolitano. Poi, insieme raggiungono la sala dei colloqui tra le due delegazioni ed infine si spostano in un altro ambiente accolti dalle delegazioni.
La prima è quella della Federazione degli Esuli, il cui portavoce, on. Lucio Toth si rivolgerà ai Presidenti soffermandosi su cinque punti fondamentali (che riportiamo in calce all’articolo). Della delegazione, oltre alle associazioni che fanno capo alla Federazione (rappresentate da Renzo Codarin, Lorenzo Rovis, Guiro Brazzoduro, Renzo de’ Vidovich), si è aggiunto anche il Libero Comune di Pola con Argeo Benco e Silvio Mazarolli.
Segue l’incontro con l’Unione degli Istriani di Trieste e con l’Unione dei Combattenti antifascisti dell’Istria.
Alla Comunità degli Italiani, ad attendere i due Presidenti e le delegazioni ci sono cinquecento persone in rappresentanza di tutte le realtà degli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia, i vertici dell'UPT rappresentati da Silvio Delbello che porgerà i saluti ai Presidenti, ma anche ai numerosi ospiti tra cui il Sindaco di Trieste, Roberto Cosolini e il Presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat. Non c’è la Regione FVG, si commenta con stupore e dispiacere anche per il rapporto esistente da tempo con la Regione Istria e con il suo Presidente Ivan Jakovcic presente agli incontri. Questa per l’Istria è una festa, è l’annuncio ufficiale dell’entrata in Europa della Croazia, è un grande riconoscimento alla Comunità nazionale italiana, è un momento storico.
Dopo il tono solenne del 13 luglio 2010 a Trieste, quello di Pola poteva svolgersi in un clima meno emozionante, ed invece così non è stato. Per tanti motivi, uno colpisce in modo particolare: il Presidente Josipovic durante il suo discorso alla Comunità degli Italiani afferma che è nato in Dalmazia "a casa mia si è sempre parlato il dialetto, infarcito di parole italiane che non ho mai considerate straniere"…e poi ribadisce "senza gli Italiani, senza il vostro contributo civile e culturale, la Croazia di oggi non sarebbe la stessa".
Prima di arrivare all’Arena dove ad attenderli ci sono seimila persone, una breve sosta per piantare un ulivo, simbolo della pace, in ricordo di un popolo che dovette scegliere l’esilio e nel lasciare Pola a bordo del Toscana vide allontanarsi la mole imponente del monumento romano, simbolo della città.
Mentre i due Capi di Stato sfilano per raggiungere i propri posti prima del Concerto, applausi e bandiere tricolori li accompagnano.
Napolitano non ha nascosto l'emozione. «È una giornata importante per i rapporti fra Italia e Croazia», ha detto nell'annunciare l'impegnativa dichiarazione congiunta firmata con il presidente della Repubblica croata Ivo Josipovic. «Fra Italia e Croazia non ci sono più problemi del passato che non possono essere superati: ci stiamo lavorando con lo stesso impegno a Roma e a Zagabria».
Josipovic ha detto che problemi ce ne sono - ad esempio il contenzioso post-bellico sull'importo del rimborso agli esuli italiani per i beni perduti - ma non c'è più nessun problema, ha aggiunto, che non si possa risolvere in spirito di comprensione e amicizia. A ridurre antiche frizioni ci ha pensato il tempo, ma più di tutto, hanno detto i due presidenti, il miracolo è stato compiuto dalla comune appartenenza all'Ue (la Croazia ne farà parte dal 1.mo gennaio 2012).
"Intendiamo testimoniare la ferma volontà di far prevalere il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo storico, segnato da guerra tra Stati ed etnie", hanno dichiarato, ricordando che "nel passato sono stati commessi gravi errori ed ingiustizie" e rivolgendo quindi l’esortazione a "perdonarci reciprocamente il male commesso".
Oggi, è stato sottolineato, "Croazia e Italia hanno abbracciato valori comuni, innanzitutto i valori della libertà e dei diritti della persona, la pari dignità e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, la libertà di impresa, i valori della cooperazione e della solidarietà tra i popoli. I nostri Paesi e le nostre società sono liberi da ogni ideologia fondata sulla discriminazione".
Inoltre, "a seguito della chiusura dei negoziati di adesione per l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea, i popoli croato e italiano hanno un futuro comune nell’Europa unita su basi democratiche e fra breve non vi saranno confini fra i nostri due Paesi".
Al tempo stesso, però, hanno sentito "il dovere di ricordare anche i lati oscuri della nostra Storia comune. Nel passato, sono stati commessi gravi errori e ingiustizie; nel secolo scorso, il secolo ‘horribilis’ della storia dell’umanità, questi errori e queste ingiustizie sono stati pagati con i tragici destini di centinaia di migliaia di innocenti".
Non si può sottacere "la tragedia delle vittime del fascismo italiano, che perseguitò le minoranze e si avventò con le armi contro i vicini croati e sempre operò contro la libertà e la vita degli stessi italiani" e al tempo stesso anche "le vittime italiane della folle vendetta delle autorità postbelliche della ex Jugoslavia. Gli atroci crimini commessi – è stato sottolineato – non hanno giustificazione alcuna". Ma "essi non potranno ripetersi nell’Europa unita, mai più".
Unanime la condanna delle "ideologie totalitarie che hanno soppresso crudelmente la libertà e conculcato il diritto dell’individuo di essere diverso, per nascita o per scelta", inchinandosi idealmente "davanti alle vittime che hanno perso la propria vita o il proprio radicamento familiare. In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo, come è giusto, la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato".
Ma, hanno proseguito, "nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all’avvenire, che con il decisivo apporto delle generazioni più giovani vogliamo e possiamo edificare, in una Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione".
Furio Radin e Ivan Jakovcic si sono rivolti al numeroso pubblico dell’Arena, il primo anche per sottolineare la partecipazione di tutte e cinquanta le Comunità degli Italiani, il secondo per ribadire la soddisfazione dell’Istria, europea da sempre,in cammino verso un’Unione ormai alle porte.
Soddisfatti dell'incontro con Napolitano e Josipovic Renzo Codarin e l’on. Lucio Toth, della Federazione degli esuli, seppur auspicando che ''siano superati ''i Trattati di Osimo che sono un inciampo dal punto di vista giuridico''.
Soddisfatto pure Massimiliano Lacota, presidente dell'Unione degli Istriani, che ha voluto un incontro separato e che non ha partecipato al concerto, visto che sono ''disattesi i diritti che riguardano la restituzione dei beni a chi non è stato risarcito".
Più che soddisfatto Maurizio Tremul, presidente della giunta esecutiva dell'Unione degli italiani, ancorché sollecitando il varo di una legge di interesse permanente sulla questione degli italiani all'estero.
La soddisfazione di tutti deriva in particolare dall'atmosfera positiva che si è respirata a Pola "così come a Trieste l’anno scorso – ha ricordato Codarin – per la spinta che un clima alto di tolleranza e comprensione, può fare alla nostra causa di esuli da queste terre".
Sull’assenza della Regione FVG, Stelio Spadaro dichiara: "Si evidenzia chiaramente la mancanza di una politica del FVG nei confronti delle nuove tematiche e proposte che stanno nascendo sotto ai nostri occhi. Sembra che non si rendano conto che operare insieme in questo momento significa operare nell’interesse della Regione stessa".
Ad evidenziarlo anche il Ministro per la Cultura: ''Questi incontri sono importantissimi - conclude Giancarlo Galan, che ha accompagnato Napolitano - perché gettano le basi per nuovi rapporti''.
Ma a creare il clima, al quale tutti si richiamano, un ruolo importante spetta alla gente che ha vissuto con emozione la giornata, in particolare il concerto diretto dal Maestro Ivo Lipanovic. Sul palcoscenico dell’Arena l’orchestra Filarmonica della RTV di Zagabria con i solisti Giorgio Surian e Valentina Fijacko e schierati alle loro spalle, i cori riuniti delle Comunità degli Italiani. Insieme hanno esguito musiche di Verdi, Puccini, Devcic, Zajc, Tijardovic e Gotovac. Tra le arcate dell’Arena faceva capolino uno spicchio di luna ad aggiungere fascino ad una serata che gli applausi hanno definito "magica".
Rosanna Turcinovich Giuricin
587 - La Voce del Popolo 05/09/11 Italia-Croazia: «Far prevalere il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso»
Storico evento all'Arena di Pola «Italia e Croazia insieme in Europa»
e la dichiarazione congiunta dei presidenti Josipović e Napolitano
«Far prevalere il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso»
POLA – Italia e Croazia insieme in Europa. È nella prospettiva di condivisione di un unico tetto, assieme agli altri Stati della Casa europea, che si è svolto sabato sera il concerto in un’Arena che non avrebbe potuto accogliere un solo spettatore in più. In quello che è il tempio della romanità per eccellenza, nell’abbraccio delle secolari pietre che sessantacinque anni fa hanno testimoniato il dolore dell’abbandono della propria casa e degli affetti, ma che in questi sessantacinque anni hanno sentito parlare italiano per voce di chi è rimasto, l’Orchestra della Televisione croata, i solisti Valentina Fijačko e Giorgio Surian, le corali riunite di alcune CI del territorio, tutti diretti dal M.o Ivo Lipanović, hanno sostenuto un solenne concerto dell’amicizia alla presenza dei presidenti Napolitano e Josipović. Il concerto ha solenizzato la storia, i 150 anni dell’Unità d’Italia e i 20 anni della Croazia, e al contempo ha aperto ad un cammino ancor più lungo, da compagni di viaggio. L’entrata dei due presidenti è stata salutata da uno scrosciante applauso che dalle gradinate è sceso alla platea, dalla platea si è arrampicato sulle gradinate, raggiungendo con un brivido il cuore di tutti; sugli spalti qualche bandiera italiana per dire "Presidente, siamo qua" e il programma ha avuto inizio. Padrona del microfono, Leonora Surian. In apertura Furio Radin, presidente dell’UI, per dire che i messaggi sentiti sono "graditi e meritati, per un popolo che ha saputo mantenere una cultura laddove altrimenti si sarebbe perduta... questa terra è sinonimo di convivenza ed è regione pronta a togliersi le vesti di regione di confine: non aspetta altro che cada l’ultimo confine, quello di Schengen." E per dire della "tanta brava gente perché rimasta coraggiosamente italiana", Radin ha nominato una ad una le Comunità, ottimamente rappresentate all’appuntamento (oltre che precedentemente alla CI polese).
Orgoglioso il presidente della Regione, Ivan Jakovčić, in quanto "l’Istria ha saputo costruire il ponte più bello e solido tra Italia e Croazia. La diversità è la nostra ricchezza, la tolleranza è la nostra forza: su questo abbiamo costruito le basi che ci consentono di stare a fianco delle altre regioni europee."
E prima che il M.o Lipanović cominciasse a dirigere gli inni nazionali e significativi spartiti della musica italiana e croata, i due Capi di Stato hanno segnato una nuova pagina tra i nostri Paesi dando lettura ad una Dichiarazione congiunta: sono stati ricordati gli errori gravi e tragici del passato, ma si è altresì preso impegno per il futuro dei figli. Per costruire il futuro bisogna ammettere e perdonare il passato. Ora si sta proprio costruendo il futuro. Con amicizia. Comprensione. Rispetto. Il resto è stato (ottima) musica. Ed emozione per l’immancabile, possente e toccante "Va pensiero". Poi, quando anche l’ultima corda di violino si è spenta, quando l’ultima nota si è dissolta, Napolitano e Josipović hanno lasciato l’Arena. Fuori, ad attenderli, ancora gente e applausi. Quella stessa gente che ha assistito alla messa a dimora di una pianta di ulivo, nel giardinetto nei pressi dell’Arena, prima del concerto. Simboli di pace e longevità dovrebbe dare ai rapporti tra i due Stati, ma anche alle genti delle due sponde dell’Adriatico una lunga pace.
Le millenarie pietre dell’Arena sono state testimoni di un momento di ritrovata e duratura comunanza di idee ed intenti. Eccole nella Dichiarazione condivisa da quanti l’hanno sentita dalla viva voce dei Presidenti.
"Cari amici, cari concittadini, siamo davanti a voi questa sera in nome dei nostri stati e dei nostri popoli. Intendiamo testimoniare, come già a Trieste lo scorso anno, la ferma volontà di far prevalere il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo storico, segnato da guerre tra Stati ed etnie.
La Repubblica di Croazia e la Repubblica Italiana hanno abbracciato valori comuni, innanzitutto i valori delle libertà e dei diritti della persona, le pari dignità e uguaglianza davanti alla legge dei cittadini, la libertà di impresa, i valori della cooperazione e solidarietà tra i popoli.
Oggi i nostri Paesi e le nostre società sono liberi da ogni ideologia fondata sulla discriminazione. Oggi, a seguito della chiusura dei negoziati di adesione per l’ingresso della Croazia nell’Unione europea, i popoli croato e italiano hanno un futuro comune nell’Europa unita su basi democratiche. Fra breve non vi saranno più confini fra i nostri due Paesi.
I nostri popoli sono uniti da più di mille anni di convivenza in una comune civiltà e cultura. Su queste fondamenta storiche possiamo costruire una pace stabile e prospera.
Condividendo gioia e fiducia davanti alle future opportunità, sentiamo il dovere di ricordare anche i lati oscuri della nostra storia comune.
Nel passato sono stati commessi gravi errori ed ingiustizie. Nel secolo scorso, il secolo horribilis della storia dell’umanità, questi errori e queste ingiustizie sono stati pagati con i tragici destini di centinaia di migliaia di innocenti.
Questa è l’occasione per ricordare la tragedia delle vittime del fascismo italiano che perseguitò le minoranze e si avventò con le armi contro i vicini croati, e sempre operò contro la libertà e la vita degli stessi italiani. Questa è l’occasione per ricordare le vittime italiane della folle vendetta delle autorità postbelliche dell’ex Jugoslavia. Gli atroci crimini commessi non hanno giustificazione alcuna. Essi non potranno ripetersi nell’Europa unita, mai più.
Condanniamo ancora una volta le ideologie totalitarie che hanno soppresso crudelmente la libertà e conculcato il diritto dell’individuo di essere diverso, per nascita o per scelta.
In nome dei nostri popoli e per il futuro di tutti noi e dei nostri figli, ci inchiniamo davanti alle vittime che hanno perso la propria vita o il proprio radicamento famigliare.
In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo come è giusto la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato. Nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all’avvenire che con il decisivo apporto delle generazioni più giovani vogliamo e possiamo edificare in un’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione.
Le nostre minoranze, la numerosa minoranza italiana in Croazia e quella piccola benché vitale croata in Italia, incarnano l’intrecciata profondità delle nostre radici. La Croazia e l’Italia, insieme ed individualmente, opereranno senza riserve in favore dei diritti e della dignità umana, della fratellanza dei popoli e degli individui nella comune casa europea."
Carla Rotta
588 - Osservatorio Balcani 07/09/11 Italia - Croazia, tempo di riconciliazione
Italia - Croazia, tempo di riconciliazione
Stefano LusaAnfiteatro di Pola, Croazia -I presidenti di Italia e Croazia, Giorgio Napolitano e Ivo Josipović si sono incontrati sabato tre settembre a Pola. L'incontro, fortemente voluto dalla minoranza italiana, ha segnato un ulteriore e profondo passo in avanti sulla strada della riconciliazione e della voglia di lasciarsi definitivamente alle spalle le dolorose questioni eredità del Novecento
Alla fine Maurizio Tremul, il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, si è seduto su una delle sedie della terrazza della Comunità degli italiani ed ha tirato il fiato. Tra le mani una scatoletta con il nastro tricolore, un dono del presidente italiano Giorgio Napolitano, che da pochi istanti aveva lasciato l’Arena di Pola. Un piccolo omaggio per l’impegno di Tremul nell’organizzazione dell’evento. Per il presidente della Giunta esecutiva ed il suo staff sono stati mesi di lavoro durissimo. La piccola comunità italiana di Croazia e Slovenia voleva fortemente portare i capi di stato di Croazia ed Italia nella più grande città istriana, per fare un ennesimo passo sulla via della riconciliazione.
Il ghiaccio era stato rotto nel luglio dello scorso anno a Trieste. Dopo anni di tira e molla i presidenti di Italia, Slovenia e Croazia avevano deposto corone di fiori davanti a luoghi simbolo delle sofferenze che sloveni, croati ed italiani avevano dovuto patire nel Novecento.
La tappa successiva avrebbe dovuto essere Pola. Nel luglio di quest’anno tutto era pronto per accogliere i due presidenti, che insieme avrebbero dovuto incontrare le autorità locali, gli esponenti delle organizzazioni degli esuli, una vasta rappresentanza della minoranza italiana e poi trasferirsi tutti nella stupenda cornice dell’Arena romana, dove, prima di assistere ad un concerto, i due capi di stato avrebbero dovuto leggere una dichiarazione congiunta. Alla fine non se ne fece nulla, la tappa polese della visita di stato di Napolitano alla Croazia fu cancellata all’ultimo minuto a causa dei problemi legati all'approvazione della manovra finanziaria in Italia. All’epoca Ivo Josipović e Giorgio Napolitano promisero che a Pola ci sarebbero comunque venuti a settembre e l’impegno è stato rispettato.
Sguardo al futuro
In una Arena gremita all’inverosimile i presidenti hanno ribadito "la ferma volontà di far prevalere il tanto che (…) unisce" su quello che "ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo storico, segnato da guerre tra Stati ed etnie" ed hanno ricordato "la tragedia delle vittime del fascismo italiano" e di quelle "della folle vendetta delle autorità postbelliche dell'ex Jugoslavia". Atroci crimini, è stato ribadito, che "non hanno giustificazione alcuna".
Le parole sono state accolte da fragorosi applausi e molti hanno tirato un sospiro di sollievo. La voglia di lasciarsi alle spalle il doloroso passato e di guardare finalmente al futuro era palpabile. Gesti simbolici, un po’ plateali, ma che hanno riempito il cuore di gioia agli italiani d’Istria.
Da luglio a settembre per le minoranza italiana di cose ne erano successe e non erano per nulla positive. La corte costituzionale croata aveva cancellato il diritto al doppio voto. Dopo anni di battaglie la minoranza era riuscita a strappare il diritto di poter votare alle politiche sia per il suo rappresentate in parlamento sia per le liste dei partiti. Diritto questo concesso alle cosiddette "piccole minoranze", ma non alla ben più numerosa comunità serba, motivo per cui la corte ha abrogato la norma. Come se ciò non bastasse non erano mancate polemiche, in cui erano state tirate in ballo le presunte mire sull’Istria dell’Italia. La vicenda riguarda la proprietà del monastero di Daila, che il Vaticano avrebbe voluto tornasse in mano monaci benedettini di Padova e che la chiesa istriana non avrebbe voluto cedere.
Questioni queste che avevano offuscato il clima sereno che sembrava essersi creato tra Italia e Croazia e che avevano preoccupato la minoranza. La piccola comunità italiana di Croazia e Slovenia, del resto, ha sempre avuto un’unica carta da giocare, per poter sopravvivere indisturbata, quella della convivenza e dei quanto più proficui rapporti tra Italia, Slovenia e Croazia. Lo aveva fatto sin da quando era diventata minoranza in quel burrascoso dopoguerra, al tempo della Jugoslavia di Tito, quando la stragrande maggioranza della popolazione italiana trovò riparo in Italia, svuotando i territori del Regno d’Italia che vennero assegnati alla federazione socialista.
Scelte simboliche
Pola divenne il simbolo dell’esodo. La città, che con il trattato di pace passò alla Jugoslavia, si svuotò letteralmente. Le immagini dei profughi che si accalcano con le loro masserizie sulle banchine del porto, la scritta sull’Arena "Pola addio", e quelle della motonave Toscana stracolme di persone che lasciava il porto sono oramai divenute l’emblema di quella tragedia.
Non si può quindi non cogliere gli aspetti simbolici degli incontri che i presidenti Napolitano e Josipović hanno avuto con le organizzazioni degli esuli, in una sede istituzionale: la Casa del difensore croato. Un luogo emblematico per spiegare la storia della città visto che era stata, nel secolo scorso, anche Casinò della marina austriaca, Prefettura del Regno d’Italia e Casa dell’Armata popolare Jugoslava.
Meno simbolico, invece, è sembrato il fatto che gli esuli si siano presentati con due delegazioni separate e che una delle due delegazioni, finito l’incontro, ha fatto ritorno a casa, senza passare per la Comunità degli italiani di Pola, dove i due capi di stato incontravano la minoranza italiana e tanto meno all’Arena per il concerto dell’amicizia tra Italia e Croazia.
La minoranza italiana, invece, ha atteso con emozione i due capi di stato. Napolitano non è il primo presidente italiano a venire in visita in Istria, lo avevano fatto tutti da Francesco Cossiga. Napolitano, però ha detto alla minoranza italiana proprio quello che voleva sentirsi dire, ovvero che tra Italia, Croazia e Slovenia è giunto oramai il tempo della riconciliazione. Come se ciò no bastasse Napolitano ha voluto anche esprimere "grandissima riconoscenza a tutti coloro che hanno messo in piedi e che fanno vivere " l’Unione Italiana, "perché ad essa è affidata gran parte del successo" della causa "della difesa e della valorizzazione della lingua e della cultura italiana".
Forse proprio questo è stato il più grande riconoscimento per Maurizio Tremul, l’uomo che da vent’anni è ai vertici di Unione Italiana e che ha saputo rifondare l’organizzazione degli italiani di Croazia e Slovenia.
589 – Corriere della Sera 05/09/11 Dopo il viaggio di Napolitano in Croazia, il coraggio di chiedersi perdono
DOPO IL VIAGGIO DI NAPOLITANO IN CROAZIA IL CORAGGIO DI CHIEDERSI PERDONO
Il Giubileo è il rito con cui la Chiesa celebra il perdono e, attraverso la remissione dei peccati, estingue torti e colpe. Secondo la tradizione, quello «ordinario» dovrebbe essere proclamato ogni cinquant`anni e fa effetto pensare che ce ne siano voluti di più (oltre 65) perché tra Italia e Croazia si pronunciassero comuni parole di rimorso su quanto di sanguinoso, di intollerante e di ingiusto ha opposto nel Novecento la gente di queste sponde all`estremo nord dell`Adriatico. E successo sabato sera all`arena di Pola, quando i presidenti dei due Paesi hanno detto, con laica semplicità, davanti a seimila persone: «Ci perdoniamo reciprocamente il male che ci siamo fatti».
Una dichiarazione con la quale Giorgio Napolitano e Ivo Josipovic hanno voluto testimoniare, «in nome dei nostri Stati e dei nostri popoli», la volontà di far prevalere «il tanto che ci unisce su quello che ci ha dolorosamente diviso
in un tormentato periodo storico segnato da guerre tra Stati ed etnie». Un impegno che, per essere giudicato credibile, ha richiesto una premessa senza ambiguità. Cioè l`ammissione delle violenze compiute dal fascismo italiano, «che perseguitò le minoranze e si avventò con le armi contro i vicini croati». E, contestualmente, il riconoscimento della «folle vendetta delle autorità postbelliche della ex Jugoslavia», vale a dire la tragedia delle foibe cui è seguito l`esodo dei nostri istriano-dalmati. «La pagina è voltata, il passato non ci divide più»: così si sono salutati i capi
di Stato, sapendo comunque che non è facile trasformare di colpo «una storia molto pesante in una convivenza di grande rispetto dentro l`Unione Europea», dove la Croazia sarà accolta dal prossimo 1° gennaio. Le due comunità sono rimaste troppo a lungo prigioniere di strumentalizzazioni e risentimenti, di un`opposta contabilità di vittime e di un contenzioso (come quello sui beni degli esuli) che il lavoro sovversivo della memoria a intermittenza riacutizzava. Ma se è vero che, come ha scritto Karl Kraus, «una verità sul male, se è detta male, irrobustisce il male», stavolta a Pola si sono almeno sentite parole dette bene.
Marzio Breda
590 - La Voce del Popolo 05/09/11 L’Intervento - A Pola la nostra storia riconosciuta
L'INTERVENTO
A Pola la nostra storia riconosciuta
In una serata ancora calda di inizio settembre, in uno scenario suggestivo e onusto di storia, ha avuto luogo un appuntamento importante, il cui aggettivo "storico" esprime tutta la portata dell’avvenimento. Nel mastodontico anfiteatro romano gli Italiani dell’Adriatico orientale, "rimasti" e "andati", assieme a tanti Croati, hanno atteso l’arrivo dei due Capi di Stato e sono stati testimoni di messaggi di notevole valenza. L’incontro ha dato i frutti sperati; salvo l’assenza da parte di un’associazione degli esuli che, dopo l’incontro avvenuto nella sede dell’ex prefettura di Pola (oggi Casa dei difensori croati), ha lasciato la città. I problemi aperti ci sono ancora, e parecchi, saremmo degli insinceri se affermassimo il contrario, ma non si risolveranno certo andando "contro corrente". In momenti in cui si intravedono i cambiamenti all’orizzonte, allorché si schiude una stagione nuova per le nostre terre, il dialogo e la collaborazione dovrebbero essere prioritarie. Evidentemente non tutti sono dello stesso avviso. Disapprovazioni a parte, legittime anche se incomprensibili, dobbiamo riconoscere che il crepuscolo di sabato scorso ha riservato emozioni che difficilmente si possono trasmettere attraverso le colonne di un giornale. L’inno di Mameli, il tricolore accanto alla bandiera croata a quella dell’Unione europea, il "Va pensiero" in conclusione del concerto, sono tutti segnali di una metamorfosi in atto. Si potrebbe affermare di vivere in un’epoca nuova, si pensi solo che ancora vent’anni fa, prima della dissoluzione della Jugoslavia, era difficile avere dei rapporti ufficiali con i nostri conterranei che l’esodo aveva sradicato, ogni riavvicinamento era considerato alla stregua di un tentativo di "sovvertimento". Era l’ultimo colpo di coda di un sistema che aveva stravolto un contesto umano e come un gendarme irremovibile vigilava attentamente su ogni possibile intesa tra le componenti di uno stesso popolo che le dolorose vicende del secolo scorso aveva diviso.
E sul difficile Novecento di queste contrade abbiamo udito considerazioni apprezzabili e di rilievo nonché condanne che nessuno può disconoscere, che pronunciate e sottoscritte dalle due massime cariche dello Stato assumono un significato profondo. Il Ventesimo secolo è stato definito "horribilis" e fu infausto anche a queste latitudini. Crollata l’impalcatura austro-ungarica, nelle nostre regioni iniziarono a spirare i venti dell’intolleranza, della sopraffazione e della violenza. La duplice monarchia malgrado i tanti problemi che convivevano al suo interno aveva saputo gestire – a modo suo, naturalmente –, la convivenza di tante nazionalità, lingue, identità e fedi religiose, in un momento in cui il risveglio dei popoli era contraddistinto da passioni, speranze e lotte, quest’ultime combattute però sempre in una cornice legalitaria. Fu il fascismo che conculcò gli Slavi con l’intento di eliminarli come presenza nazionale, quello stesso che non risparmiò la prepotenza nemmeno agli Italiani che non accettavano il regime del Littorio. Brutalità che si intensificò negli anni della guerra nel momento in cui l’Italia mussoliniana mise in atto gli aberranti progetti tesi a "bonificare" le porzioni territoriali occupate per trasformarle in nome della "bimillenaria civiltà di Roma". I due presidenti non hanno tergiversato nemmeno sulle plumbee pagine del secondo dopoguerra. Hanno rammentato gli eccidi, le eliminazioni nelle foibe nei cui inghiottitoi non finirono solo coloro che si erano macchiati con i carnefici di ieri e sui quali la resa dei conti fu inesorabile, ma anche tantissimi innocenti, specie se erano avversi alla Jugoslavia comunista e al suo progetto annessionistico della Venezia Giulia. Quella che doveva essere la liberazione mostrò da subito il suo lato peggiore. Era una nuova occupazione che andò a colpire gli avversari o i presunti tali, tutti coloro cioè che avrebbero potuto alzare la voce contro e/o manifestato la propria contrarietà al disegno politico di Tito. In nome della "Libertà ai popoli" furono commessi tanti crimini e soprusi. Questi punti, che la storiografia ormai ha acquisito senza riserve, sono stati evidenziati e al tempo stesso sono stati ricordati gli esodi che si sono consumati nel Novecento. Quello del secondo dopoguerra fu senz’altro il più vasto e per la popolazione italiana il più funesto, quella presenza, infatti, si ridusse al lumicino e sembrava ormai destinata a scomparire per sempre. Proprio nella Pola occupata dagli Anglo-Americani si consumò quel dramma sotto gli occhi del mondo intero (da lì vi sono filmati, corrispondenze, immagini, a differenza dei silenzi che esistevano nelle zone in mano jugoslava). La città dell’Istria meridionale e la sua Arena divennero l’emblema del naufragio dell’italianità adriatica, travolta e percossa. I suoi figli espulsi si trovarono raminghi per il mondo, chi non se ne andò divenne invece uno straniero a casa propria e ha lottato (e rischiato) per non vedere cancellata la propria identità profondamente radicata.
Oggi quello stesso contesto è stato testimone di un nuovo corso. L’Adriatico deve ritornare a collegare le terre e le genti. L’allargamento dell’Unione europea con l’inclusione della Croazia eliminerà le ultime barriere ed i nostri lidi si troveranno nuovamente al centro delle relazioni tra Occidente e Oriente, questa volta in un ambito diverso e inedito. Nell’anfiteatro polese le pagine amare della nostra storia non sono state occultate bensì riconosciute. Le sole parole non bastano, ne siamo convinti, però sono un segnale concreto. Ora dobbiamo noi tutti contribuire al cambiamento e ricomporre le tessere. Se realmente lo vogliamo.
Kristjan Knez
591 - Il Piccolo 05/09/11 Pola, l'abbraccio di Napolitano ai "rimasti", l’incontro del Presidente con la comunità italiana.
Pola, l’abbraccio di Napolitano ai "rimasti"
L’incontro del Presidente con la comunità italiana. Tremul: guardare al futuro. Delbello: rispettare il bilinguismo
di Ivana Gherbaz
POLA Insieme in Europa, ognuno con la sua storia fatta di intrecci di culture comuni, guardando al futuro. L'incontro tra i Presidenti Giorgio Napolitano e Ivo Josipovic a Pola ha suggellato, nell'anno in cui le due Repubbliche festeggiano rispettivamente i loro 150 e 20 anni di indipendenza, un momento di riflessione comune sul futuro a poco meno di due anni dall'entrata della Croazia in Europa.
E' stato questo lo spirito dello storico appuntamento tra i due Capi di Stato che si è tenuto sabato nella terrazza gremita della sede della Comunità degli italiani di Pola, poche ore prima del concerto "simbolo" in Arena. Tutto è iniziato un anno fa, ha esordito Napolitano, a Trieste, «quando, grazie ad un artista come Riccardo Muti, abbiamo trovato la chiave giusta per un incontro difficile da realizzare».
Quella è stata per Napolitano la giusta prospettiva per superare tutte le incomprensioni del passato, «ce n'è voluto di tempo – ha sottolineato il nostro Presidente – le ferite della storia possono essere profonde e rimarginarle non è facile, perché gravi sono state le responsabilità sia da una parte che dall'altra». Ma ormai quella pagina è stata voltata, sabato a Pola e a luglio dell'anno scorso a Trieste anche con la partecipazione del presidente della Repubblica slovena Danilo Turk.
La storia insegna quindi, senza però dover dimenticare, per questo Napolitano ha ricordato come in Italia sia stato istituito il Giorno del ricordo, senza però scordare quanto è stato fatto dal fascismo nei confronti dei croati e sloveni. Oggi si deve guardare al futuro per scrivere una nuova pagina della storia assieme. Napolitano ha ribadito come non si debba più parlare «di rivendicazioni assurde, di cose che non possono più essere messe in discussione. Il futuro sta in Europa». «Con Josipovic – ha spiegato ancora Napolitano nel suo lungo e accalorato discorso davanti alla Comunità degli italiani di Pola – ci siamo capiti subito. Siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità storiche e superare i problemi del passato. Ormai siamo assieme in Europa e questo ci permetterà di superare con un balzo le divisioni tra due stati membri di pari dignità».
La storia di queste terre, anche per il Presidente croato Josipovic - di origini dalmate che ha sempre sentito la sua lingua infarcita di parole italiane - è stata elaborata: «Qui in Istria si è saputo trovare un modo per far convivere assieme tutte le comunità nazionali e c'è sempre spazio per migliorare. Nei nostri 20 anni di indipendenza si è fatto molto per alimentare la convivenza tra chi, ad esempio, ha combattuto assieme contro il fascismo. Con gli italiani che hanno contribuito a costruire la cultura e la società di questo Paese che non sarebbe tale».
E se il Presidente Josipovic si è dimostrato disponibile a lavorare per migliorare la situazione delle minoranze croate anche Maurizio Tremul presidente della giunta dell’Unione italiana, ha indicato come sia ancora fondamentale ricordare, riflettere sugli orrori fatti dalle nostre aberranti ideologie con un impegno preciso: «Guardare al futuro delle nostre genti e dei giovani, un cammino di pace è iniziato per queste popolazioni che se lo meritano».
Ha chiesto infine maggiore attenzione per le scuole italiane e il rispetto del bilinguismo Silvio Delbello presidente dell'Università popolare di Trieste: «L'entrata della Croazia in Europa testimonia importanti successi in tanti settori della vita democratica, per questo è importante che ci sia interesse per lo sviluppo della vita culturale e civile di queste terre».
592 - La Voce del Popolo 05/09/11 Toth (Anvgd) : Cosa ci aspettiamo dopo Pola
TOTH (Anvgd): COSA CI ASPETTIAMO DOPO POLA
A margine dell’incontro polesano del 3 settembre tra la delegazione della FederEsuli e i Presidenti italiano e croato, il quotidiano di Fiume "La Voce del Popolo" ha raccolto alcune dichiarazioni di Lucio Toth e di Renzo Codarin.
Così, prima dell’incontro, Lucio Toth, vicepresidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli: «Il Presidente ha voluto incontrarci dove siamo nati per segnare un nuovo capitolo di amicizia nel segno di un’Europa nuova. Veniamo spesso qui per visitare le nostre case, ora torniamo per un fatto nuovo, di amicizia. Questo è un incontro amichevole, più simbolico che concreto, nei limiti nei quali possono impegnarsi, al di là dei governi, i Capi di Stato. Quello che ci aspettiamo è il riconoscimento della cultura plurale della regione, che è sempre stata un incrocio delle culture europee. Ci sono ancora dei problemi, delle pendenze da risolvere. Il primo scoglio è quello della tutela della minoranza, poi il problema dei beni, in una legislazione croata altalenante. Sarebbe auspicabile superare i trattati di Osimo che al momento rappresentano un inciampo. Ma del resto è inutile trincerarsi dietro un trattato in una situazione politica locale e mondiale ben diversa da quella che li ha determinati».
Dal canto suo, Renzo Codarin ha dichiarato tra l’altro: «Abbiamo ribadito l’amicizia tra i popoli e la necessità di risolvere i problemi aperti causati dalla II Guerra mondiale. Josipović ha risposto in modo positivo, ma sia l’Italia democratica che la Croazia democratica vogliono che gli esuli si sentano a casa propria. Il governo locale, inoltre, deve lavorare per approfondire i temi ancora da trattare, tenendo sempre presente che le differenze culturali vanno discusse senza revanscismi».
593 - Secolo d'Italia 08/09/11 Italia e Croazia, qua la mano: un primo passo è stato fatto, Basovizza può diventare il simbolo di una riconciliazione? È l'auspicio
Italia e Croazia, qua la mano: un primo passo è stato fatto
Basovizza può diventare il simbolo di una riconciliazione? È l'auspicio dei due presidenti
Guido Cace*
Ci perdoniamo reciprocamente il male che ci siamo fatti. Lo hanno affermato sabato 3 settembre scorso, nell'Arena di Pola, gremita da seimila persone, il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, e quello della Repubblica Croata Josipovjc nella dichiarazione congiunta letta dopo l'esecuzione dei rispettivi inni nazionali. Una vera e propria ovazione, accompagnata anche dallo sventolio di alcuni tricolori, ha salutato l'ingresso delle autorità nell'anfiteatro, che è il simbolo della civiltà Romana in Istria, in particolare quando ha fatto il proprio ingresso il Capo dello Stato Italiano.
La manifestazione di sabato è stata sicuramente un passo avanti rispetto ai rapporti tra l'Italia e i paesi della ex Jugoslavia ed è stata sicuramente importante ai fini della completa riconciliazione tra due popoli, peraltro geograficamente attigui, anche nell'ottica del futuro ingresso della Croazia nell'Unione Europea. Nel prendere nota con soddisfazione di questo fondamentale avanzamento, non possiamo non sottolinerare come per una totale e sincera pacificazione sia indispensabile un incontro tra le autorità di Italia, di Slovenia e di Croazia davanti al sacrario delle Foibe di Basovizza.
E che questo sia un appuntamento ormai possibile, è testimoniato da un episodio, poco conosciuto dall'opinione pubblica italiana, che si è svolto il 26 giugno in Croazia, sulle montagne del Velebit. Si è trattato di un incontro tra i Presidenti di Bosnia, Croazia e Serbia, nazioni che fino a qualche anno fa si erano aspramente combattute, a seguito della guerra civile jugoslava (terminanta soltanto nel 1994), per rendere omaggio ai martiri delle Foibe di Jadovno.
In questa località, nel periodo compreso fra l'aprile ed il settembre del 1941, furono massacrati oltre 40.000 civili serbi da parte degli ustascia croati. Tali massacri cessarono, nel settembre 1941, grazie all'intervento delle forze armate italiane, che occupavano la zona costiera della Dalmazia. Con quell'intervento, le truppe italiane fecero chiudere tutti i campi di concentarmento esistenti, realizzati dagli ustascia in una prospettiva di completa pulizia etnica, impedendo il protrarsi delle violenze. Questa meritoria azione compiuta dall'esercito italiano è stata ricordata recentemente (e casualmente) in un convegno svoltosi il 14 febbraio 2011 alla Camera dei Deputati.
L'Associazione nazionale Dalmata, grazie alla sponsorizzazione della Fondazione Italia protagonista, presieduta da Maurizio Gasparri, ha presentato in quella occasione alla stampa il volume Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l'8 settembre 1943. Si tratta della ristampa anastatica di un documento rarissimo, preparato dal governo italiano e presentato alla Conferenza di Pace di Parigi del 1947 per controbattere alle pretese jugoslave circa l'asseganzione di territori delle province di Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Zara.
Il documento attesta le violenze subite dalle popolazioni italiane di quelle terre, violenze che sono sfociate nelle tristemente note Foibe, causa scatenante dell'Esodo di 350.000 Istriani, Fiumani e Dalamati.
Con questa documentazione, si era inteso dimostrare come il fenomeno delle Foibe avesse le caratteristiche di una vera e propria pulizia etnica. Il volume è diviso in tre parti, dotate ciascuna di documentazioni fotografiche: la prima, e più completa, è relativa agli avvenimenti accaduti dopo l'8 settembre 1943, nella provincia di Pola; la seconda riguarda il trattamento subito dai prigionieri italiani nei campi di concentramento jugoslavi; la terza, che si intitola "jugoslavi contro jugloslavi", documenta, con fotografie, l'avvenimento di cui abbiamo parlato precedentemente, e cioè l'eliminazione violenta ed atroce, operata nel periodo tra aprile ed il settembre 1941 dagli ustascia croati sui serbi della Croazia, all'interno del territorio dalmata, e precisamente nella regione di Lika (dove sono localizzate le Foibe di Jadovno).
La documentazione fotografica fornisce, con immagini di inestimabile valore storico, una straordinaria prova materiale dell'esistenza del campo di concentramento dell'isola di Pago, dove, in soli 132 giorni, fino all'arrivo delle truppe italiane, gli ustascia uccisero oltre 10.000 serbi ed ebrei. Alcune foto testimoniano direttamente l'intervento di sanitari delle forze armate italiane, mentre curano civili serbi.
Il fatto interessante è che questa documentazione non era mai stata analizzata nella sua reale dimensione storica. Alla manifestazione svoltasi presso al Camera dei Deputati, è stata la giornalista Rai Mila Mihajlovic a evidenziare l'assoluta rilevanza di questa documentazione, ignorata perfino negli archivi di Belgrado.
Inoltre, tra i relatori presenti alla manifestazione, era stato invitato, in qualità di relatore, anche il senatore Aimone Finestra, già sindaco di Latina, che fu testimone e partecipe degli avvenimenti del 1941, in qualità di giovane ufficiale del VI Reggimento Bersaglieri.
La giornalista Mihajlovic ha comunicato queste informazioni storiche alle associazioni di reduci della Serbia, a cui mancava la riprova documentale dei massacri. Queste stesse associazioni, nella cerimonia svoltasi il 26 giugno presso una delle Foibe di Jadovno, hanno, in un convegno seguito alla manifestazione stessa , evidenziato, con la frase "Grazie Italia", l'opera umanitaria e pacificatrice delle nostre truppe.
Questa la cronaca di avvenimenti, fino a qualche tempo fa, impensabili. Si può veramente , sulla scia di quanto avvenuto a Pola il 3 settembre ed a Jadovno il 26 giugno, auspicare che, in un luogo altamente simbolico come la Foiba di Basovizza, si possano incontrare le massime autorità delle tre nazioni coinvolte, Italia, Slovenia e Croazia, per commemorare, in uno spirito di reciproca riconciliazione e di superamento di ogni nazionalismo, i caduti di una violenza feroce e inumana.
* Presidente Associazione nazionale Dalmata
594 - Slobodna Dalmacija 07/09/11 Gli esuli non sono più interdetti, dietro le quinte: dopo l’incontro dei Presidenti Croato ed Italiano.- Esuli više nisu zabranjeni
Dietro le quinte: dopo l’incontro dei Presidenti Croato ed Italiano.
Gli esuli non sono più interdetti.
Sebbene nel 2002 un alto funzionario del Ministero degli Affari Esteri croato avesse preteso dal responsabile di un’amministrazione che nelle analisi diplomatiche non si usasse il termine esuli (esiliati), perché ciò avrebbe implicato che essi erano stati espulsi dal territorio dell’odierna Croazia, dall’Uffico del Presidente della Repubblica Croata, alla vigilia dell’incontro dei due Presidenti a Pola, è stato inviato a tutte le redazioni (dei giornali: n.d.t.) un comunicato del seguente tenore : " I Presidenti Napolitano e Josipovic s’incontreranno coi rappresentanti degli esuli ". Nel comunicato di Josipovic non figurava, accanto al concetto esuli, alcuna traduzione né spiegazione che lo chiarisse, il che significa che egli ritiene trattarsi di termine universalmente noto e diventato familiare in pubblico.
Già nove anni fa, il predetto diplomatico esigeva che, al posto del termine esule, si impiegasse eventualmente quello di profugo. Possibile anche il termine optante, aveva suggerito, e si sarebbe potuto prendere in considerazione pure la formulazione di " Italiano che ha lasciato la RFSJ". E, dunque, tutto è ammesso all’infuori di quell’ "odioso" concetto di esuli, ricorrendo al quale avremmo riconosciuto che essi sono stati perseguitati. Il diplomatico di elevato rango giustificò la richiesta col fatto che i documenti del Ministero degli Affari Esteri, in cui si argomentava di esuli, erano destinati ad alte cariche dello Stato, quali l’Ufficio del Presidente della Repubblica ed il Gabinetto del Premier Croato.
Con siffatti "interventi" igienico-terminologici, il Ministero degli Affari Esteri riusciva non molto tempo fa a proteggere il "Pantovcak" ( residenza del Presidente : n.d.t.) dagli esuli ed oggi , da quella medesima sede, senza aggravio e complesso alcuno, giunge comunicazione ai giornalisti nella quale "esuli" configura parola normalissima che, non solo non possiede una connotazione dal valore ideologico, ma che non necessita di una benché elementare traduzione.
Per di più, tutti i media hanno interpretato la dichiarazione comune dei due presidenti a Pola come un poderoso passo avanti, che ha orientato la Croazia e l’Italia a parlare lo stesso linguaggio sul passato. E’ occorso sostanzialmente un decennio perché gli esuli, in Croazia, si trasformassero alfine da concetto vietato in vittime riconosciute di un totalitarismo.
Senol Selimovic
595 - Il Piccolo 07/09/11 Radin: «Esodo e foibe mai riconosciuti dalla Croazia»
Radin: «Esodo e foibe mai riconosciuti dalla Croazia»
Il presidente dell’Unione italiana ringrazia Napolitano e Josipovic dopo Pola «ma la memoria va rivalutata e bisogna parlarne».
I rischi del nazionalismo
di Mauro Manzin
TRIESTE Dopo lo storico incontro di Pola tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il suo omologo croato Ivo Josipovic è tempo di bilanci. Soddisfatto il presidente dell’Unione italiana Furio Radin il quale però denuncia il non ancora avvenuto riconoscimento ufficiale da parte di Zagabria dei drammi delle foibe e dell’esodo.
Dopo l’incontro di Pola tra i capi di Stato di Italia e Croazia è stato chiuso un doloroso capitolo della storia?
Si è trattato di un grande evento e voglio innanzitutto ringraziare i presidenti di Italia e Croazia e tutti i connazionali che hanno partecipato. Comunque le dichirazioni di Napolitano e Josipovic non volevano chiudere un capitolo della storia ma aprire una strada comune europea.
Perché?
Perché chiudere comporterebbe tanti problemi quanti ne risolverebbe.
La memoria dunque non va cancellata?
La memoria va rivalutata, bisogna parlarne. Non è passato molto tempo da quando in Italia si è ricominciato a parlare dell’esodo e delle foibe. Questo è sicuramente un punto di svolta ma non chiude nessun capitolo.
Ma si potrò avere una sorta di ufficializzazione di quanto è accaduto in Istria, a Fiume e in Dalmazia nel dopoguerra?
Spero di sì, questo però non è ancora avvenuto.
Che cosa manca?
Esiste un problema di fondo. Tutto si rivede, si parla di tutto e si pongono segni di pietà dappertutto in Croazia meno che in Istria. Questo per me è risultato sempre offensivo. Penso che tutti vogliano avere la propria parte di storia e anche l’Istria deve poter rivalutare il periodo dell’esodo.
I tempi sono maturi?
Mah, direi di no e lo si vede anche in alcune dichiarazioni apparse in questi giorni sui giornali locali istriani. Manca ancora quella volontà di ammettere fino in fondo quanto è stato fatto in queste terre. Già nel 2000 io ho chiesto di mettere un segno sulla foiba di Vines e per otto anni si è interrotto il mio rapporto con l’associazione degli antifascisti. Poi è ripreso ma per 8 anni non ci siamo parlati. Questo è un errore degli antifascisti perché solo partecipando in prima persona alla memoria anche di questi eventi, come ha fatto ad esempio l’Anpi a Basovizza, si possono superare questi momenti critici della storia, ammettendo veramente e fino in fondo che ci sono stati anche questi fatti. Bisogna dirlo fino in fondo.
I nazionalismi sono ancora un pericolo?
I nazionalismi in Croazia sono sicuramente ancora un pericolo.
In che senso?
Dal 2000 ad oggi c’è stata sicuramente una svolta. I nazionalsimi non sono più così forti ma non bisogna sottovalutarli. Anzi io penso che anche la sentenza della Corte costituzionale croata che ha bocciato il diritto al cosiddetto doppio voto per le minoranze sia stato un atto dettato più dal nazionalismo che non da elementi giuridici. Il nazionalismo qui ha avuto sempre un grande ruolo e ogni volta che è sembrato che fosse finito poi è invece rinato.
Soprattutto in periodo pre-elettorale come questo in Croazia...
Sì anche, ma i nazionalismi che si usano nei periodi pre-elettorali sono quelli meno pericolosi. I nazionalismi veri, quelli endemici, vengono fuori nei momenti di crisi sociale e le crisi sociali qui non mancano mai. Quando la torta si fa più piccola allora i nazionalismi tendono a venir fuori. Il rischio è che ciò avvenga anche quando la Croazia sarà nell’Ue. Un rischio per la nostra minoranza, per questo i monitoraggi dovranno continuare anche dopo l’ingresso di Zagabria in Europa.
Il pericolo sussite ancora dunque...
Secondo me esiste ancora il pericolo di una loro rinascita. In Istria di meno e proprio per questo mi preoccupa di più questa non volontà proprio in Istria di non voler partecipare alla memoria anche di eventi che finora si è evitato di nominare.
Quando ciò avverrà se avverrà?
È solo questione di tempo per rendere onore anche a questa parte della storia istriana. Un onore giusto, né più né meno di quello che si merita. Questo momento però non è ancora arrivato.
Come vive personalmente questa mancanza?
Per me è quasi un’offesa perché tutte le fasi della storia vengono ricordate in Croazia da parte dei premier, anche da quelli di centrosinistra, ricordo Racan che si recò a Bleiburg, ma qui ogni volta che si nominano le foibe c’è un attimo di freddezza. Non vorrei che questo avvenisse perché in fondo alle foibe ci sono gli italiani.
596 - Il Piccolo 08/09/11 Tremul: su esodo e foibe a Pola serviva più coraggio.
Tremul: su esodo e foibe a Pola serviva più coraggio
«Chiara invece la condanna dei crimini del fascismo. In Slovenia e Croazia 20 anni di democrazia non sono stati sufficienti a sconfiggere il nazionalismo»
di Mauro Manzin
TRIESTE «Una giornata memorabile che ha visto protagonisti la Comunità italiana e l’Unione italiana», così il presidente della Giunta esecutiva dell’Ui, Maurizio Tremul definisce l’incontro di Pola tra il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano e il suo omologo croato Ivo Josipovic.
Tremul che però concorda con il presidente dell’Ui Furio Radin sul fatto che la Croazia, ma nemmeno la Slovenia, hanno riconosciuto ufficialmente il dramma delle foibe.
Quello tra Napolitano e Josipovic a Pola è stato un incontro importantissimo. È stato chiuso il capitolo della storia del dopoguerra?
Sì è iniziato a chiudere una parte di questo capitolo ma si è iniziato soprattutto ad aprire una strada comune per il futuro. Alcuni aspetti vanno ancora definiti da parte della Croazia ma anche della Slovenia, che incontra le medesime difficoltà nel riconoscere, anche se nel testo della commissione mista italo-slovena di storici qualche accenno c’è alle foibe e all’esodo seppur molto blando, quelli che sono stati le ingiustizie e gli orrori del comunismo, delle autorità jugoslave ma anche croate e slovene dopo la Seconda Guerra mondiale.
Una dichiarazione poco chiara quindi quella letta dai due capi di Stato?
Una dichiarazione molto bella che condivido pienamente, ma mentre c’è da parte dell’Italia un riconoscimento molto chiaro dei crimini del fascismo, senza eufemismi o giri di parole, c’è una condanna anche dei crimini del dopoguerra che però vengono ricordati senza dire le cose come stanno e cioè che il comunismo jugoslavo postbellico ha creato a quel tipo di orrore quale ritorsione e non solo contro gli italiani.
Manca ancora, dunque, un percorso di riconoscimento?
Questo percorso di riconoscimento dei propri errori deve essere ancora compiuto anche se io credo che non si possa sottovalutare, per quanto riguarda l’avvenimento di Pola, il grande passo avanti che è stato fatto dalla Croazia in questo senso.
E la Slovenia?
Per quanto riguarda la Slovenia questo passo in avanti non è stato mai fatto. Quindi c’è in questo contesto una maggiore capacità di autocritica e di accettazione della propria storia da parte della Croazia che non da parte della Slovenia.
Forse perché la Croazia sta per entrare nell’Unione europea?
Non lo so se l’abbia fatto perché deve entrare nell’Ue, la sostanza è che lo ha fatto. Anche la Slovenia doveva entrare nell’Ue e non l’ha fatto ed è entrata comunque, quindi evidentemente non è l’entrata in Europa la discriminante per portare un Paese, la sua classe politica e dirigente, i suoi storici, a riconoscere determinati errori del passato. Evidentemente c’è anche qualcos’altro che sta al fondo di questo ragionamente e che è più forte della necessità di fare alcune cose in funzione dell’entrata nell’Unione europea.
I nazionalismi sono ancora un pericolo?
Io vedo un rischio di recrudescenza dei nazionalismi che un po’ pervade tutta l’Europa. E vi sono alcuni fatti, alcuni eccidi che avvengono in Europa che devono far preoccupare tutti quanti. I nazionalismi dunque sono un problema. Lo sono di più nelle realtà in cui la democrazia è alle prime prove d’orchestra. Vent’anni di indipendenza e quasi 20 anni di democrazia perché in Croazia c’è stato il periodo di Tudjman quando, come scrive Matvejevic imperava la "democratura", sono pochi dopo 60 anni di regime dittatoriale comunista che una parte della classe politica riconosce e denuncia e un’altra parte no. E poi non è che ci si sveglia democratici dall’oggi al domani.
Quindi nei Paesi ex jugoslavi il problema è più accentuato?
Nei Paesi dell’ex blocco sovietico e dell’ex Jugoslavia c’è maggior rischio che il nazionalismo si ripresenti nelle sue forme più virulente soprattutto in un momento di grossa crisi economica, politica, sociale ma anche di grossa crisi di ideali e di valori.
Dunque un percorso difficile in Slovenia e Croazia?
In Croazia e in Slovenia direi di sì perché era impossibile farlo, non abbiamo ancora raggiunto un percorso democratico compiuto, In meno di 20 anni abbiamo imparato tutte le storture come il turbo-capitalismo, la privatizzazione selvaggia, il furto di Stato, la corruzione diventata sistema e la mafia al potere. Di cose positive ne abbiamo imparate poche e, ripeto, è normale che sia così. Perché in 20 anni bisogna fare anche un percorso di educazione civica delle persone e di ricambio generazionale perché chi è stato dirigente organico al vecchio regime può anche improvvisarsi democratico però qualche tara mentale e culturale gli rimane comunque.
597 - Il Piccolo 05/09/11 Incontro di Pola - Ma la stampa di Zagabria critica il Colle
Ma la stampa di Zagabria critica il Colle
La stampa croata ha dedicato ieri ampio spazio allo storico incontro dei Presidenti croato Josipovic e italiano Napolitano, dapprima alla Comunità degli italiani e poi in Arena. I servizi interpretano bene lo spirito dell'incontro, anche se non mancano fastidiose punzecchiature nei confronti della parte italiana. Denis Romac scrive che paradossalmente Napolitano è un politico italiano ricordato in Croazia soprattutto per le sue dichiarazioni a proposito delle Foibe. Ossia che gli italiani infoibati sarebbero state vittime dell'odio sanguinario slavo. Il tg delle 19.30 della televisione pubblica ha dedicato all'avvenimento 6 minuti e mezzo, ritornando nel passato ai tempi dell'esodo di massa dall'Istria. Nelle vecchie immagini in bianco e nero si vede la gente disperata imbarcarsi sulla motonave Toscana. Un esodo, è stato detto, fatto scattare dai crimini partigiani (le Foibe) che, come dice l'ormai ex presidente croato Stipe Mesic, furono la risposta al fascismo italiano. E' stato riproposto un passo dell'intervista rilasciata da Mesic nel 2007 nella quale dice che in Italia si parla solo di Foibe e non dei fenomeni che le avevano precedute. Mesic retoricamente si chiede: siamo stai noi a occupare l'Italia? Abbiamo aperto noi i campi di concentramento in Italia? Abbiamo ammazzato noi le donne e i bambini in Italia? Dopo di lui è apparso Giorgio Napolitano al quale è stato rinfacciato di aver decorato alla memoria, l'ultimo amministratore di Zara del regime di Mussolini. (p.r.)
598 - Il Gazzettino 09/09/11 Sacile (PN) Tessera del tifoso negata per un anno "Colpa" della nascita in terra istriana
CALCIO - LA STORIA
Tessera del tifoso negata per un anno "Colpa" della nascita in terra istriana
SACILE - Attende inutilmente la tessera del tifoso per un anno intero, non la riceve e scrive al ministro degli interni Roberto Maroni. Ma non è stato il rifiuto della tessera a infastidire il richiedente, Leonardo Scannimanica, tifoso di lungo corso della Sacile. La squadra infatti è retrocessa in Lega D e il documento ora non è più necessario, né utile. Ciò che disturba Sciannimanica, tanto da indurlo a scrivere al ministro Maroni, sono le motivazioni del rifiuto: non risulta fra i nati nel Belpaese. In effetti ha avuto i natali il 29 dicembre 1932 a Pisino, vicino a Pola. Allora era Italia. Poi Jugoslavia e ora Croazia. Un'altra beffa per chi è stato costretto ad abbandonare la propria terra dopo la seconda guerra mondiale. Scacciati da casa nel quadro della pulizia etnica voluta da Tito in Istria, spesso mal sopportati anche nei paesi e nelle regioni nei quali si erano rifugiati, gli esuli di allora, evidentemente, non hanno ancora finito di subire torti.
«Ho inoltrato la richiesta – racconta Sciannimanica, che non manca mai una gara della Sacilese al XXV Aprile – il 20 agosto del 2010, come richiesto dalla relativa circolare del ministero degli Interni. Alla fine, dopo 12 mesi, hanno tagliato la testa al toro dichiarando che in base al comunicato della Lega Pro numero 481 del 4 agosto 2011, essendo retrocessa nuovamente in Lega D la Sacilese, gli uffici competenti non erano più autorizzati a rilasciare la tessera del tifoso per i supporter».
Ma lui non si è rassegnato per il trattamento ricevuto. «Ho scritto al ministro – incalza – per esternare il mio rammarico, constatando che hanno atteso un anno per poi negarmi la tessera, nonostante non abbia mai commesso reati di alcun genere, tantomeno sportivi. Inoltre ho fatto presente che sono nato in Italia e che non vorrei essere considerato oggi un croato. Nella lettera mi sono anche scusato – evidenzia – per lo sfogo. Purtroppo, nonostante siano state fatte leggi per restituire dignità agli esuli istriani, ancora oggi nascono disguidi da chi non le tiene in dovuta considerazione, creando ulteriori malumori in chi invece tali "disguidi" ancora subisce».
Dario Perosa
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