Un istriano a Roma
Un istriano a Roma. Memorie e riflessioni di un ambasciatore croato in Italia. Questo il titolo del libro di Drago Kraljević presentato il 7 febbraio a Trieste nella sala “Tessitori” del Consiglio regionale su iniziativa del Centro studi “Dialoghi Europei”, del Circolo “Istria” e della Comunità Croata di Trieste. Il volume, di 400 pagine, fa parte della collana “A porte aperte”, dedicata dalla casa giornalistico-editoriale EDIT di Fiume ad autori croati e sloveni tradotti in italiano. Il primo dei cinque capitoli racconta ai croati l’Italia, con particolare riferimento alla situazione politica dagli anni ’90 al primo decennio del XXI secolo. Ne emergono anche i ritratti dei principali uomini politici.

 

 Il capitolo più corposo è il secondo, che approfondisce i rapporti bilaterali dedicando notevole spazio anche ai beni degli esuli e alla medaglia d’oro all’ultimo gonfalone di Zara italiana. Il terzo e il quarto capitolo, più brevi, riguardano San Marino, Cipro, Malta, la FAO e il Vaticano. Il quinto raggruppa un post scriptum di aggiornamento rispetto alle prime due edizioni croate, con notizie sugli sviluppi della politica interna italiana, 30 pagine di repertorio fotografico a colori e una cronologia degli avvenimenti e dei rapporti adriatici dal 1861 al 2010. Le prefazioni sono di Giacomo Scotti, Predrag Matvejević, Tonino Picula e Diego Zandel, con una nota dell’autore all’edizione italiana e un’introduzione dello stesso.
Nato a Buie nel 1948, di madrelingua croata, Drago Kraljević è un sociologo che è stato per due volte consecutive parlamentare socialdemocratico al Sabor di Zagabria, membro del gruppo di esperti per i confini della Repubblica di Croazia e componente della commissione mista croato-italiano-slovena per l’attuazione dell’Accordo di Udine, oltre che presidente della commissione per la collaborazione internazionale del suo partito (l’SDP). Grazie alla svolta politica verificatasi con la morte del presidente Tuđman e l’avvento al potere del centro-sinistra, è stato da fine dicembre 2000 a ottobre 2005 ambasciatore di Croazia a Roma, con giurisdizione anche su San Marino, Cipro, Malta e Vaticano, nonché rappresentante permanente presso la FAO. In tale veste ha favorito l’intensificazione e il miglioramento delle relazioni politiche, economiche e culturali italo-croate. Cessato l’incarico, si è messo a fare l’imprenditore.
Il moderatore dell’incontro e presidente di “Dialoghi Europei” Giorgio Rossetti ha lodato il libro perché fa meglio conoscere l’Italia ai croati e spiega agli italiani come sono visti in Croazia. Oggi i problemi bilaterali di cui l’allora ambasciatore si fece carico sembrano lontanissimi. Italia e Croazia potranno meglio affrontare la crisi collaborando anche attraverso organismi comuni come la Macroregione Adriatico-Ionica, che però sconta un ritardo di almeno 4 anni rispetto a quella Danubiana.
Silvio Forza, direttore dell’EDIT poi dimessosi, ha sostenuto che i fatti del passato continuano a contaminare il presente. Ma Kraljević da ambasciatore, oltre a migliorare i rapporti con l’Italia nonché l’immagine internazionale della Croazia, ebbe il merito di trattare temi solitamente trascurati dai poteri centrali come quelli delle minoranze e degli esuli. Importante fu il suo ruolo anche nella visita del presidente Ciampi in Croazia nel 2001.
Gian Carlo Damir Murković, presidente della Comunità Croata di Trieste, ha osservato come la crisi economica e la disoccupazione accomunino l’Italia alla Croazia. La tanto paventata invasione di lavoratori croati negli altri Paesi UE non è invece avvenuta. Per riavviare la crescita economica una strada percorribile è quella della saggio utilizzo dei fondi europei, un’altra quella del turismo.
L’ex viceministro ed ex europarlamentare diessino Cesare De Piccoli ha sostenuto la necessità di voltare pagina, non per dimenticare il passato ma per darne una lettura critica e costruire il futuro. Il problema da porsi ora è: cosa fare assieme in questa fase storica, avendo davanti a noi un destino comune? Occorre mettere in moto un’energia positiva e agire in modo solidale perché gli effetti sociali della crisi sono simili a quelli di una guerra.
Livio Dorigo, presidente del Circolo di cultura istroveneta “Istria”, ha ricordato la lezione di Guido Miglia, secondo cui l’Istria è una quercia con tre radici: quella italiana, quella slovena e quella croata. Se ne viene meno una, diventa qualcosa d’altro da sé. Oggi però vi sono più memorie che storie condivise, mentre occorrerebbe che, grazie alla scuola, i bambini del territorio frontaliero crescessero nella concordia. L’Italia e ancor più la Slovenia e la Croazia sono dominate dal centralismo, ragion per cui ai loro occhi l’Istria risulta marginale. Inoltre la stessa Trieste ha drenato forza lavoro istriana già da prima dell’Esodo. L’Adriatico, specie settentrionale, è stato definito «il mare della prossimità»: pertanto in quest’area bisogna superare i confini psicologici e incrementare sia la collaborazione che la democrazia.
«Il nuovo ordine mondiale – ha affermato Kraljević – è sempre più feroce e sta svuotando i popoli della loro sovranità. La situazione è preoccupante. Italia e Croazia devono lavorare assieme, sfruttare appieno i fondi europei e sviluppare rapporti di sincera amicizia e collaborazione. La storia non ci unisce, ma può proteggerci dai pregiudizi reciproci se la valutiamo con un approccio scientifico. Per uscire dalle maledizioni del passato occorre costruire nel presente una comunità di destino».

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