OPZIONE: ITALIANI di LUIGINO VADOR
Che nel pordenonese ci fosse una comunità di esuli istriani lo sapevo; ne aveva parlato in qualche articolo, pubblicato sulla nostra “Arena”, Gianni Strasiotto. Sapevo anche che l’Ente Nazionale per le Tre Venezie negli anni ’50 aveva messo a disposizione degli esuli in Friuli-Venezia Giulia diversi appezzamenti di terreno suddivisi in poderi; tra questi: le Villotte (nel Comune di San Quirino), Dandolo (nel Comune di Maniago) e Fossalon (nel Comune di Grado). Ricordo di aver visitato quest’ultimo da bambino, assieme a mio padre allora presidente della Famiglia polesana di Trieste; la bonifica era appena partita e tutta l’area era un’ampia distesa di terreno sabbioso impregnato di sale marino.
Delle altre due zone, che non conosco direttamente, ho saputo solo di recente che si trattava di due brughiere, lande desolate ricche solo di pietre, sterpaglia e rovi. Insomma, terreni tutt’altro che facili da coltivare che, nel giro di pochi anni, gli esuli istriani, con le proprie lacrime ed il proprio sudore ancor prima della messa in sito dei sistemi d’irrigazione, seppero trasformare in fertili terreni agricoli e giardini rigogliosi. Un miracolo della tenacia e della laboriosità della nostra gente. Questo l’ho appreso solo mettendo a punto l’articolo di Rosanna Milano Migliorini, pubblicato a pag. 6 di questo stesso giornale. (Arena di Pola febbraio 2013)
È davvero sorprendente come nel giro di qualche giorno una superficiale conoscenza possa trasformarsi in una realtà palpabile e coinvolgente. Eppure è successo proprio a me. Sabato 9 febbraio sono stato invitato ad intervenire alle celebrazioni per il Giorno del Ricordo a Pordenone. Dopo l’omaggio alle Vittime delle foibe ed alle allocuzioni di rito e prima di un mio intervento rivolto ad alcune classi d’istituti superiori cittadini, una studentessa, che immagino discendente di esuli, ha dato lettura di un suo tema, vincitore di concorso scolastico, in cui raccontava proprio dell’insediamento dei nostri conterranei nell’area di Dandolo. Il suo intervento è stato davvero toccante e spero proprio che quel testo, come da me subito richiesto, mi sia presto recapitato per la pubblicazione sulla nostra “Arena”. È sempre bello ed interessante toccare con mano come le giovani generazioni interpretano il periodo, per tanti di noi assai travagliato, dell’arrivo e dell’integrazione in Italia. Ma non è ancora tutto. Domenica 10, ritornato a Pordenone per presentare l’ennesima, seguitissima (non meno di 300 spettatori) ed applauditissima replica della nostra “Cisterna. Istria Terra amata”, ho avuto il piacere di conoscere di persona Luigino Vador, autore del libro Opzione: Italiani!, citato dalla Migliorini nel suo splendido articolo, che mi ha fatto omaggio del suo libro.
È un libro piacevolissimo e coinvolgente che si legge con estrema facilità; l’ho fatto in poche ore. Si tratta di una raccolta di testimonianze – preceduta da una breve introduzione storica – raccolte dall’autore tra alcune delle famiglie che si insediarono nei poderi delle Villotte: 42 istriane (praticamente tutte originarie di paesi dell’Istria finiti sotto amministrazione jugoslava sin dal ’45), 10 venete e 3 friulane, presto amalgamatesi tra loro e che cambiarono il volto ad un paesaggio prima desolato. Impossibile e, soprattutto, inopportuno entrare nel merito di ciascuna di esse perché altro non farebbe che togliere il piacere di leggerle. A fattor comune, con una prosa che spesso rasenta la poesia, l’autore fa emergere di questi personaggi, umili ed allo stesso tempo grandiosi: l’amore e l’attaccamento per l’Istria, terra povera ma generosa, resa idilliaca dalla lontananza; le paure vissute ed i soprusi dovuti subire, sino al riconoscimento dell’agognata opzione, sotto l’amministrazione jugoslava; lo strazio dell’abbandono delle proprie cose e dei propri affetti; le umiliazioni e le difficoltà incontrate all’arrivo in Italia, spesso più matrigna che madre amorevole; la dura fatica per ricominciare e costruirsi, con straordinaria tenacia, una nuova vita e, da ultimo, la soddisfazione per esserci pienamente riusciti. Il tutto condito dal grande amore che in quella lotta per la vita ha unito e sorretto gli uomini e le donne che ne sono stati i protagonisti.
Del testo riporto solo un breve passaggio tratto dalla sua conclusione, firmata dall’autore e dalla moglie Nicoletta: «Cinquant’anni sono passati eppure i fatti raccontati dalle persone che li hanno vissuti da protagonisti sono come appena accaduti. Il tempo che nel suo continuo passare dovrebbe cicatrizzare le ferite, alleviando il tormento del cuore, qui è riuscito ad esercitare la sua azione trasformando l’amarezza in rimpianto; la rabbia… la rabbia in molti è rimasta intatta. Il prezzo psicologico pagato all’opzione di “RIMANERE ITALIANI”, espresso in momenti di intensa commozione, ci ha lasciati ogni volta muti e rispettosi spettatori». Anche alla luce di queste ultime parole, dire che la loro è stata un’epopea nella quale il raggiungimento della libertà, dopo aver a lungo rappresentato un miraggio, si è tradotto, con l’arrivo in quegli allora assai miseri poderi, in redenzione e rinascita, è davvero poco per rendere loro merito.
Alla fine della presentazione di “La Cisterna”, il signor Luigino ha confessato di aver seguito lo spettacolo con grande attenzione e commozione, trovando piena corrispondenza tra i contenuti dello spettacolo e delle testimonianze da lui raccolte; è stata una grande soddisfazione, specie per l’amico Bruno Carra, anche lui presente all’incontro.
Silvio Mazzaroli
Luigino Vador, Opzione: Italiani!, SBC Edizioni, 2008, € 18,00