BENEMERENZA"ISTRIA TERRA AMATA"

Benemerenza a Nelida Milani e a Anna Maria Mori

Nelida Milani e Anna Maria Mori

antesignane del dialogo

di Paolo Radivo

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La sera del lungo e memorabile sabato 12 maggio 2012, i radunisti si sono recati nella sede della Comunità degli Italiani di Pola per seguire assieme ai propri connazionali "residenti" lo spettacolo teatrale Bora, prodotto dal Dramma Italiano, storica compagnia stabile operante nell’ambito del Teatro nazionale croato "Ivan de Zajc" di Fiume. Il recital è tratto dall’omonimo romanzo scritto da due polesi: la linguista Nelida Milani, residente a Pola, commendatore dell’Ordine della stella della solidarietà italiana, e la giornalista-scrittrice Anna Maria Mori, esule a Roma. Già rappresentato a Pola, è stato riproposto ora poiché si inseriva perfettamente nello spirito riconciliatorio del nostro Raduno. Voleva infatti essere un momento di catarsi collettiva in cui assistere alla rappresentazione artistica delle due diverse tragedie causate dall’annessione dell’Istria alla Jugoslavia titoista: quella degli esuli e quella dei "rimasti". Due percorsi esistenziali paralleli ma originati dalla stessa matrice dittatoriale anti-italiana. Per un verso dunque lo sradicamento dalla città natia e l’insediamento in una realtà ignara o, peggio, diffidente, per un altro verso l’alienazione dovuta allo stravolgimento del tessuto umano di una Pola diventata irriconoscibile.

Nel romanzo autobiografico le quasi coetanee Nelida Milani e Anna Maria Mori si ritrovano e, dialogando, riscoprono assieme ciò che continua ad accomunarle nel profondo dopo lunghi decenni vissuti in luoghi e modi diversissimi: l’infanzia passata a Pola. Il libro narra quanto accadde allora e in seguito da due ottiche necessariamente lontane, che però focalizzano le due facce di una medesima realtà brutalmente frantumata. In ambo i casi l’identità individuale è stata intaccata e compromessa da vicende collettive che l’hanno investita mutandone l’ambiente: per la Milani quello di Pola, stravolto nella sua fisionomia etno-linguistica, per la Mori quello della profuganza, difforme anche sul piano fisico. La conseguenza è stata un esilio "interno" per la prima, un esilio "esterno" per la seconda. Ma sempre un esilio. Ed è proprio questo che fa sentire simili le due polesane al termine di un percorso così divergente. La pièce mette in scena episodi e temi trattati nell’opera letteraria. Testo e regia sono di Laura Marchig, direttrice e attrice del Dramma Italiano, che impersonifica Nelida Milani Kruljac. Leonora Surian, attrice della stessa compagnia, fa invece la parte di Anna Maria Mori.

Silvana Wruss, presidente della sezione polese della società "Dante Alighieri", ha salutato e ringraziato tutti i presenti, fra cui il console generale d’Italia a Fiume Renato Cianfarani. La sala era stracolma e il pubblico attentissimo.

Le due attrici parevano gemelle: entrambe alte e slanciate, biondissime, di carnagione chiara, con gli occhi azzurri e le labbra rosse, vestite tutte di nero. La scena iniziale era incentrata su una valigia di cartone, dalla quale la Marchig estraeva oggetti dell’infanzia e dell’adolescenza mostrandoli alla Surian. Le due interpreti hanno quindi cominciato un duetto oratorio leggendo ciascuna brani delle rispettive protagoniste. Particolarmente significativi alcuni passaggi.

La Surian-Mori: «Ho deciso di tornare per capire. Non tutti noi esuli eravamo borghesi e fascisti, nostalgici e irredentisti».

La Marchig-Milani: «Siamo stati costretti a sopportare, ma la nostra era un’arrendevolezza ingannevole. I "drusi" erano i nuovi padroni che bisognava chiamare liberatori».

Un tempo, quando alla Surian-Mori veniva chiesto dove fosse nata, lei rispondeva: «a Firenze, come mio padre». Ma una volta, fattasi coraggio, disse: «a Pola». «Ah, in Jugoslavia!» fu la beffarda risposta del burocrate italico di turno. Quando la Surian-Mori precisò che all’epoca Pola era Italia, il funzionario la incalzò quasi con disprezzo: «Allora lei è profuga?». La risposta affermativa dell’interessata celò intima sofferenza.

Nina Sinčić al pianoforte ha intercalato alcune scene con il Va, pensiero, ma anche con una canzone di Marlene Dietrich e con Vola colomba, interpretate da Leonora Surian. Lo spettacolo si è concluso in modo simbolico con la Marchig che ha riempito, richiuso e affidato la valigia alla Surian. Le due donne hanno quindi lasciato il palcoscenico tenendosi per mano, a dimostrazione della loro ritrovata solidarietà istriana.

Silvana Wruss ha definito il recital «commovente ed emozionante». Anna Maria Mori ha ringraziato le attrici «generose e bravissime». «Scrivere – ha aggiunto – è un’operazione solitaria tra sé e sé. Quando scrivi pensi di sussurrare parole in silenzio. Invece quando le senti pronunciare ad alta voce è quasi un colpo al cuore».

Il sindaco dell’LCPE Argeo Benco, dopo aver ringraziato sia le attrici sia le autrici per le emozioni donateci, ha consegnato la benemerenza "Istria, terra amata" ad Anna Maria Mori e Nelida Milani, antesignane del riavvicinamento tra esuli e "rimasti" e dunque ispiratrici dei Raduni degli esuli polesi a "casa loro". Il premio è consistito in una targa d’argento con l’immagine dell’Arena incisa da Leonardo Bellaspiga e una pergamena recante la motivazione: «Per aver saputo cogliere e descrivere con grande sensibilità il dramma del forzato esodo e le sofferte lacerazioni tra chi è partito e chi è rimasto, traendo dal dolore condiviso parole di dialogo e facendo delle loro storie personali un ponte di riconciliazione».

A tutti i presenti è stata offerta a una copia del "Clivo", periodico della CI di Pola dedicato ai 65 anni dalla fondazione della stessa e al nostro 56° Raduno. (p.rad.)

Benemerenza a Piero Tarticchio

A Piero Tarticchio la benemerenza "Istria Terra amata"

di Paolo Radivo

Si è svolta nel pomeriggio di domenica 13 maggio 2012 la cerimonia di premiazione dell’artista e scrittore Piero Tarticchio. Nella sala conferenze dell’Hotel Brioni a festeggiarlo insieme con dirigenti e soci dell’LCPE c’erano anche Claudia Millotti, presidente dell’Assemblea della CI di Pola, e Silvana Wruss, presidente della sezione polese della "Dante Alighieri".

Nato a Gallesano nel 1936, dopo il drammatico arresto e infoibamento del padre nel maggio 1945, fu portato in salvo dalla madre nella Pola sotto amministrazione britannica. Ma nel 1947 dovette esodare. Compì gli studi prima a Grado e in seguito a Gorizia presso il convitto "Fabio Filzi". Sistematosi a Milano, sposò Pinuccia (Pit) Valsecchi, da cui ha avuto due figlie. Ha lavorato per più di quarant’anni nel settore della comunicazione visiva e dal 1959 ha esposto le sue opere pittoriche e grafiche in Italia e all’estero. Come scrittore ha inanellato quattro romanzi di successo, tutti aventi per tema l’Istria e tutti vincitori di concorsi letterari: Le radici del vento (1998, XXXI edizione di "Istria nobilissima"), Nascinguerra (2001, "Premio Arona" 2005), Storia di un gatto profugo (2006) e L’impronta del Leone alato (2010, "Premio Tanzella" 2011). Un misto fra immagini e parole è invece Parole & sogni (1999), dove suoi lavori grafici accompagnano una raccolta di poesie di Lio Selva.

Da lunghi anni socio e consigliere dell’LCPE, Tarticchio è stato fra il 2000 e il 2002 direttore de "L’Arena di Pola", di cui ha poi guidato la redazione milanese fino allo scorso dicembre. Da dieci anni dirige "Gente di Gallesano", l’organo semestrale della Famea Gallesanesa, sodalizio di cui è diventato presidente nel giugno 2011.

Il sindaco Argeo Benco ha introdotto l’incontro  tratteggiando la figura e l’opera di Tarticchio, cui ha consegnato tra gli applausi del pubblico la benemerenza "Istria Terra amata" «per l’abnegazione con cui ha tenuto in vita e arricchito la voce di noi esuli, il giornale "L’Arena di Pola", i numerosi libri con cui ha fatto conoscere la nostra storia e per l’infaticabile impegno con cui ne parla nelle scuole e al grande pubblico».

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«Mi considero – ha esordito Tarticchio – uno scrittore per caso prestato dalla pittura. All’inizio degli anni ’80, durante un’esposizione a Basilea, un giornalista tedesco mi disse che ogni mio quadro aveva una storia da raccontare. Rimasi perplesso davanti a una tale asserzione e mi chiesi se io sapessi davvero scrivere. Cominciai a farlo appena alla fine degli anni ’90: allora aprii il rubinetto e le idee mi vennero spontaneamente. Volevo tastare il cuore degli italiani che non sapevano nulla della nostra storia. Il primo romanzo, Le radici del vento, è scritto in forma poetica, didascalica e concisa, eppure vendette 18.000 copie».

«Nascinguerra – ha continuato – è invece un romanzo descrittivo, dove il racconto è affidato a un inglese di stanza a Pola durante il Governo militare alleato nel 1946. Storia di un gatto profugo è una favola, dove un gatto passato a miglior vita si fa accogliere in grembo e accarezzare dal Padreterno, al quale racconta la sua vita precedente a Pola in tempo di guerra. Ho tentato di parlare al cuore dei giovani, cosa però estremamente difficile. Ho fallito perché questo non è un libro esclusivamente per ragazzi ma per tutte le età».

«L’impronta del leone alato – ha detto – è ambientato a Duecastelli durante la grande peste del 1630 e fa un raffronto tra gli innesti di popolazioni slave in Istria compiuti da Venezia e l’odierna immigrazione caotica in Italia. Il rischio è che anche oggi i nuovi venuti prendano il sopravvento». «Ora – ha annunciato l’autore – ho in cantiere un quinto libro, l’ultimo sull’Istria. Il titolo è La leggenda del monte della capra e prende spunto dai racconti mitologici di un pastore di Gallesano riguardo a una colonia di greci trapiantati in Istria che avevano portato con sé quale feticcio una capra di legno».

«Il mio – ha concluso Tarticchio – è un impegno a far conoscere le origini e la storia di questa terra. Quando mi chiedono chi e cosa sono rispondo che mi sento prima di tutto istriano, poi italiano e infine, come artista, cittadino del mondo al di là di ogni confine».

Il vice-sindaco Tito Lucilio Sidari, dopo aver lodato Tarticchio per i numerosi interventi sulle nostre vicende pronunciati presso scuole, istituzioni e università della terza età, ha ricordato l’adorata consorte Pit, scomparsa il 25 dicembre 2009. Tarticchio l’ha ringraziato affermando che Pit è stata per lui più che una compagna di vita: il suo braccio destro. Pur essendo lombarda, correggeva gli articoli in dialetto polesano con competenza esemplare e fino al giorno prima di morire aveva rivisto le bozze de L’impronta del Leone alato.

Lino Vivoda ha messo in risalto il lavoro fatto da Tarticchio come esule in ambito sia associativo che giornalistico.

«Le pagine de "L’Arena" curate da Tarticchio – ha detto Lucia Bellaspiga – erano scritte e illustrate in maniera al tempo stesso modernissima e classica. La tua testimonianza è importante specie per i più giovani. Non appendere la penna, Piero: continua a testimoniare!».

«Durante le mie testimonianze alle scolaresche tento di lanciare sassi nel lago – ha risposto Tarticchio – sperando che producano onde che vadano lontano. Trovo un’attenzione massima soprattutto da parte dei docenti. La nostra storia è rimasta confinata nel silenzio da chi sapeva ma ha preferito tacere. Agatone citato da Aristotele in Etica Nicomachea diceva che nemmeno Dio può disfare il passato: quello che è stato fatto non può essere cambiato. Sulle nostre tragedie però ci sono dei buchi neri, pagine vuote ancora da completare per far conoscere la verità nell’aderenza critica dei fatti».

«Da Tarticchio – ha rilevato Silvio Mazzaroli – ho ricevuto il testimone de "L’Arena": un regalo gradito ma estremamente impegnativo. Io non sono un artista, né un grafico, ma una persona concreta che punta a un obiettivo e fa di tutto per raggiungerlo. Bernardo Gissi aveva acquistato la testata da De Simone per la cifra simbolica di 1.000 lire: grazie a ciò oggi il LCPE ne è proprietario. Chi c’era prima di Piero non gli ha passato molto. Sono molto grato a Piero perché mi ha dato tanto materiale, oltre ad essere un buon esempio e un generoso maestro per me che non avevo mai fatto il giornalista. Tra Piero e me c’è stato un anno e mezzo di interregno. Nel 2013 lascerò la direzione del giornale perché occorre un ricambio nel pensiero e nello stile. Io non sono in grado di produrre come lui tre pagine di cultura e svago, ma le ritengo fondamentali. Invito quindi a inviare in redazione scritti e pensieri». Mazzaroli ha rivolto a Tarticchio una stretta di mano e un ringraziamento.

«La porta del LCPE – ha detto commosso il sindaco Benco a Tarticchio – è sempre aperta per te. Spero ci farai anche in futuro l’onore di essere presente».

«Lasciatemi prendere fiato – ha risposto Tarticchio – e leccarmi le ferite dopo la perdita di mia moglie. Comunque non ho sbattuto la porta, che rimane sempre aperta. E, come si dice oggi: a volte ritornano…». (p.rad.)

Benemerenza a Erica Cortese

 BENEMERENZA "ISTRIA TERRA AMATA"
A ERICA CORTESE

Si è tenuto il 4 dicembre 2011 a Torino un convivio interregionale promosso dall’Associazione Culturale Istriani, Fiumani e Dalmati del Piemonte e dalla Famiglia Polesana. La ricorrenza di San Tommaso, patrono di Pola, e dei santi Nicolò e Lucia è stata l’occasione per commemorare il 64° anniversario dell’esodo e i nostri corregionali deceduti nelle varie contrade del mondo. Oltre 300 persone hanno assistito alla Messa celebrata nella chiesa del Villaggio Giuliano-Dalmata: merito degli attivissimi promotori. Sulla parete di sinistra dell’altare sono stati ben posizionati i labari e le bandiere dell’Associazione e delle Famiglie di Pola, Valle, Dignano e Rovigno, le bandiere di Istria, Fiume e Dalmazia, il labaro dell’Associazione d’Arma dei Bersaglieri di Torino - Sezione «Lamarmora», il picchetto d’onore dell’Associazione Marinai d’Italia - Sezione Venaria Reale (in memoria del Presidente Onorario dott. Camillo di Carlo, fiumano da poco scomparso) e la bandiera dell’Associazione ex Allievi FIAT.

Il Presidente Benco ha ringraziato organizzatori e presenti e consegnato la benemerenza dell’LCPE Istria Terra amata alla studentessa Erica Cortese per la sua tesina su L’Esodo dimenticato, pubblicata in allegato a «L’Arena di Pola».

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La giovane, giunta da Genova con un gruppo di familiari, ha ringraziato con emozione: «Senza esagerare, posso affermare che questo premio è al di sopra di ogni mia possibile immaginazione. Sono felice che il mio piccolo contributo alla conoscenza della storia istriana sia stato apprezzato. Con esso ho voluto onorare tutti gli Esuli che furono costretti ad abbandonare quanto avevano di più caro, per una scelta di libertà e giustizia».
Sia Benco che Uljanic si sono complimentati con Erica, tra gli applausi dei presenti.

Benemerenza a Stefano Zecchi

  BENEMERENZA "ISTRIA TERRA AMATA" 
PREMIATO STEFANO ZECCHI

La serata di venerdì 17 giugno 2011 è stata in onore del prof. Stefano Zecchi, noto docente di Estetica e autore di numerosi romanzi, l’ultimo dei quali è l’ormai famoso Quando ci batteva forte il cuore, uscito lo scorso anno.

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Nella sala convegni dell’hotel Riviera oltre cento persone hanno assistito al gradevole incontro. Lucia Bellaspiga, giornalista di «Avvenire», autrice di libri e consigliere dell’LCPE, ha rivolto alcune domande al professore, che ha risposto con grande pacatezza e umanità. I convinti applausi del pubblico hanno sottolineato i passaggi più significativi dei suoi interventi.«L’idea di ambientare il romanzo a Pola – ha spiegato Zecchi – nasceva dal mio desiderio di conoscere le vicende drammatiche che hanno toccato l’Adriatico orientale. Mia nonna era triestina. Ma, al di là dei suoi racconti, da piccolo a Venezia vedevo le motonavi arrivare in riva degli Schiavoni e gli esuli che scendevano in modo malinconico accolti dai fischietti e dalle bandiere rosse. Mio padre mi diceva: “Guarda la violenza e l’arroganza!”. Nella mia scuola poi i bambini profughi erano discriminati e facevano fatica a inserirsi: quello fu un ulteriore problema che si portarono dietro per tutta la vita. Quand’ero assessore a Milano organizzavo le cerimonie per il 10 febbraio e parlavo con alcuni vostri compagni di avventura-sventura. Da loro ho sentito toccanti testimonianze. Proprio ora che si è celebrata l’Unità d’Italia in un clima retorico e falso, non potevo dunque trascurare il fatto che dopo la Seconda guerra mondiale 350mila persone lasciarono tutto per restare italiane. Sono venuto più volte a Pola per documentarmi direttamente sul posto».«Il mio comunque – ha precisato il professore – non è un libro di storia, ma un romanzo che narra in primo luogo la vicenda di una madre di grande coraggio (Nives, modellata sulla figura di Maria Pasquinelli) che sacrifica la famiglia per la patria, in secondo luogo la fuga da Pola di un figlio con il suo padre “ritrovato” e in terzo luogo il difficile inserimento di questi profughi respinti dalla loro stessa nazione. Ho ambientato la narrazione in un contesto storico e geografico verosimile citando anche avvenimenti reali come la strage di Vergarolla. Nel romanzo inoltre difendo la figura del padre in una società “mammizzata” come quella di oggi. Dove il padre è assente, è molto facile che i figli abbiano una fragilità identitaria, che non riescano ad affrontare i problemi della vita. Il libro voleva trattare anche a questo tema».

Al termine dell’intervista il sindaco Argeo Benco ha consegnato al prof. Zecchi la benemerenza Istria Terra Amata per il contributo da lui dato alla diffusione a livello nazionale delle vicende degli esuli polesani (e non solo). L’elegante incisione dell’Arena di Pola su targa bronzea è stata realizzata da Leonardo Bellaspiga, padre di Lucia. (p.rad.)

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