Atti, memorie e documenti

TRIESTE 3-6 NOVEMBRE 1954

Trieste, 3-6 novembre 1954:
il diario di una esule

6 novembre Sono stata a Trieste e ho vissuto giorni degni del nostro Risorgimento. Dalla fine della prima guerra mondiale unita all’Italia e dalla fine della seconda sfibrata dall’attesa e dall’incertezza, la città ha duramente sofferto il dramma della sua posizione di confine. Bisogna rileggere le pagine del “nostro riscatto” per comprendere l’entusiasmo di Trieste un’altra volta redenta. Il tricolore era esposto ovunque. I rappresentanti delle varie armi italiane erano acclamati e contesi. Le mule chiedevano (o prendevano) distintivi, stellette, penne dai cappelli degli alpini o dei bersaglieri di cui si ornavano come di trofei. La notte continuava il giorno per le strade e i ritrovi rimasti ininterrottamente aperti, dato il grande afflusso extracittadino. Anch’io ho partecipato attivamente, riuscendo a raggiungere (non so come) i punti nevralgici. A sera ero esausta, ma soddisfatta del mio contributo in presenza e in voce.

LA STRAGE DI VERGAROLLA

«Riaprire un’inchiesta sulla strage di Vergarolla»

Il direttore de “L’Arena di Pola” Paolo Radivo ha presentato a Treviso e a Trento il suo libro La strage di Vergarolla (18 agosto 1946) secondo i giornali giuliani dell’epoca e le acquisizioni successive (editore Libero Comune di Pola in Esilio, Trieste 2016). A Treviso l’incontro, promosso dal Comitato provinciale dell’ANVGD, si è svolto nel pomeriggio di martedì 15 novembre nella Sala Verde di Palazzo Rinaldi davanti a un’ottantina di persone. Nella sua introduzione il presidente del Comitato, Bruno De Donà, ha definito l’eccidio di Vergarolla «uno dei delitti peggiori della storia dell’Italia repubblicana, la prima strage di stato, più orribile ancora di quella di Bologna». Non potendosi trattare di incidente visto che gli ordigni erano stati disinnescati, ha giudicato plausibile un’unica pista: quella dell’OZNA, «che sapeva tutto di tutti e conduceva una strategia del terrore». «Ma – ha aggiunto – l’inchiesta fu insabbiata in ossequio alla ragion di stato, tanto che finora nessuno ha pagato».

DIALOGHI TRA ESULI E RIMASTI dibattito pubblico a Trieste

A Trieste dialoghi un po’ difficoltosi tra esuli e rimasti

(Arena di Pola gennaio 2016)

Si è svolto nel pomeriggio di martedì 1° dicembre 2015 nella Sala Tergeste del Savoia Excelsior Palace a Trieste un lungo dibattito pubblico dal titolo Dialoghi tra esuli e rimasti. L’intento dell’organizzatore, l’Università Popolare di Trieste, era quello di riflettere sul valore delle relazioni tra gli esuli istriano-fiumano-dalmati e gli italiani residenti in Slovenia, Croazia e negli altri Paesi dell’ex Jugoslavia, nonché sull’importanza della condivisione degli obiettivi per mantenere viva l’identità, la lingua e la cultura italiana in quei territori.

NESAZIO: UNA LUNGA STORIA DAGLI ISTRI AI ROMANI

 (Arena di Pola settembre 2015)

Nesazio: una lunga storia dagli Istri ai Romani

Pubblichiamo di seguito la relazione su Nesazio letta dalla dott.ssa Kristina Mihovilić (Museo Archeologico dell’Istria) domenica 14 giugno 2015 all’Hotel Brioni durante il 59° Raduno degli Esuli da Pola.

Nesazio: storia e scavi
Il sito più importante e significativo per la storia dell’Istria è sicuramente l’antica Nesactium. Nella storia di Roma di Tito Livio, Ab Urbe condita, si trova la descrizione degli scontri e delle guerre tra Romani e Istri, come anche l’assedio del 178-177 a.C., con la caduta di Nesazio e il suicidio di Epulo, l’ultimo re degli Istri.
Da varie fonti scritte si sapeva che Nesazio era il centro protostorico del territorio Istrico, centro spirituale, di culto e amministrativo/politico, sede del re o regulus ereditario, che univa le varie stirpi Istriche o populi, guidati da principes. Dopo la caduta e l’occupazione romana, Nesazio, anche se politicamente distrutta, esisteva nella sfera spirituale-religiosa e gradualmente con le influenze romane è stata adeguata nelle costruzioni, nell’arte, nella cultura e nell’economia. Oltre che da Tito Livio, nei testi antichi Nesazio viene nominata anche da altri, come per esempio Plinio il Vecchio, poi da Tolomeo, e per ultimo dall’Anonimo Ravennate nel VI secolo.
Con il passare del tempo si perse memoria dell’esistenza o dell’ubicazione di Nesazio, però nella seconda metà dell’Ottocento diversi storici e altri studiosi Istriani si occuparono della questione (Luciani, Scampicchio, De Franceschi, Burton). Furono fatte ricerche sul territorio e poi ricerche nei documenti scritti, nei quali Pietro Kandler notò la somiglianza fra i toponimi Nesactium e Vizače, alla quale giunse attraverso le varianti trovate nei testi medievali, come Isacium, Isaccio, Campi Isacii, Isazii, relativi alla località vicina al villaggio di Altura, dove si scorgevano importanti resti architettonici e altre rovine.

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